Pinto: “Il mio rinnovo non è importante, conta solo la Roma”

Così il general manager – in scadenza a giugno 2024 – al Social Football Summit: “Quando sono arrivato il mio obiettivo era lasciare una Roma migliore di quella che avevo trovato. Stiamo facendo un lavoro importante qui, Mauro Leo mi aiuta tanto nel mercato”

Emanuele Zotti

22 novembre 2023 (modifica alle 19:08) – ROMA

Mezz’ora di “lezione” sul ruolo del direttore sportivo nel calcio moderno. È la sintesi dell’intervento di Tiago Pinto a chiusura del Social Football Summit andato in scena negli ultimi due giorni allo stadio Olimpico. Una spiegazione conclusa tra gli applausi di una sala gremita nonostante l’assenza dell’informazione che in tanti attendevano. Quando gli viene domandato del suo futuro infatti il general manager della Roma – in scadenza a giugno 2024 – si trincera dietro la diplomazia: “È la domanda meno interessante dell’evento (ride, ndr). Conta solo il futuro della Roma e della squadra. Di queste cose se ne parla solo internamente al club. Stiamo facendo il meglio per la Roma e questo è l’importante. Una abilità del direttore sportivo si vede da diversi fattori, non solo da quanto vende. Stiamo facendo un lavoro importante qui, Mauro Leo mi aiuta tanto nel mercato”. Pinto preferisce concentrarsi nell’illustrare in cosa consiste il suo lavoro: “Il ruolo del ds è cambiato tantissimo negli ultimi anni, senza parlare le lingue non è possibile farlo. È essenziale anche la conoscenza dei numeri. Il mercato incide al 20/30% sulla costruzione di un progetto sportivo, ci sono tanti dipartimenti nel club che influiscono sul risultato finale. Io mi fido molto di questa prospettiva olistica del calcio, ogni dettaglio è determinante per il risultato finale”. 

CRITICHE

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Nella parte iniziale del suo intervento Pinto sottolinea come negli ultimi tre anni il club dei Friedkin sia riuscito a incassare oltre 150 milioni di euro cedendo giocatori a cifre importanti e liberandosi degli esuberi. Un lavoro che quasi mai viene ricordato dalla critica. Il gm però non sempre dare particolare risalto a questo aspetto: “Non mi interessa troppo quello che dicono di me i media, in questo senso vivo quasi in una “bolla”. Sono convinto che il tempo dimostrerà tutto quello che abbiamo fatto per la Roma in questi anni. Quando sono arrivato il mio obiettivo era lasciare una Roma migliore di quella che avevo trovato. Dal punto di vista finanziario non ci sono dubbi, anche a livello di settore giovanile e del valore della rosa penso che il nostro lavoro sia sotto gli occhi di tutti”. 

OCCASIONI

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Il portoghese poi spiega l’importanza delle tempistiche con cui ha condotto le operazioni che hanno portato a Trigoria due campioni come Dybala e Lukaku: “Molti dicono che sono stato fortunato (ride, ndr). Lo stesso vale per Mourinho. Questi arrivi dimostrano l’ambizione della proprietà nonostante i vari paletti. Per chiudere queste tre operazioni siamo stati molto bravi nel timing della trattativa, in più c’è il nostro lavoro quotidiano che è stato ripagato. In questo discorso ci metto anche il fatto che Roma e i suoi tifosi sono una piazza unica, e non lo dico per fare il “paraculo” è semplicemente la verità”. Ma l’elemento fondamentale, che il dirigente tiene a rimarcare, è stato individuare il momento giusto per sferrare l’affondo decisivo: “Su Dybala e Lukaku il timing ha fatto la differenza, entrambe le operazioni sono state chiuse in cinque giorni. Se avessimo iniziato a trattarli a inizio mercato con la concorrenza di altri grandi club magari non ce l’avremmo fatta, siamo stati bravi a inserirci nel momento giusto. E poi ci vuole anche un po’ di fortuna”. 

SAUDI LEAGUE

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Pinto si concentra poi sullo strapotere dei club sauditi nelle ultime sessioni di mercato. Un fenomeno che, secondo Pinto, rappresenta una tendenza – dettata dalla maggior disponibilità a livello di risorse – non troppo diversa da quelle del passato: “Quando negli anni 90 tutti i big venivano in Italia nessuno diceva che l’Italia era prepotente. Poi è arrivato lo strapotere della Premier, e nessuno ha detto nulla di male. Lo stesso discorso vale per l’Arabia Saudita. I giocatori vanno lì perché ci sono contratti importante ma anche perché ci sono tanti altri giocatori forti che militano in quella Lega. Noi dobbiamo competere con le armi che abbiamo, con l’Arabia c’è un competitor in più ma questo discorso vale anche nei confronti dei club di Premier o di altri campionati”.

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