Piccolo grande Diavolo: è in testa dopo otto anni e mezzo e ci arriva sempre più giovane

Ieri un’età media di 22 anni e 287 giorni, ma tanti legami con il Milan del 2011-12: a partire da Ibrahimovic

C’erano Berlusconi, Galliani, c’era Allegri in panchina. C’era Robinho, che segnò, poi pareggiò Spolli. C’erano polemiche scudetto e non poteva mancare un gol fantasma (non c’era ancora tanta tecnologia) visto che continuava ad aleggiare lo spettro della rete negata a Muntari a San Siro contro la Juve.

Insomma, un altro mondo: era la stagione 2011-2012, a Catania i rossoneri giocarono poco più di un mese dopo la partita che tanto ha segnato il destino dei protagonisti di quel Milan. Che ancora il 31 marzo 2012 si trovava in testa alla classifica. Era sabato, il turno si sarebbe chiuso l’indomani, primo aprile, con il club occupato a dipanare una tela di dubbi e perplessità. Fu superato dalla Juve al turno successivo e da allora non è mai più stato primo in classifica (a partire dalla terza giornata in poi). Di più: era dal ‘71-72, con Rocco, che il Milan non chiudeva le prime tre vincendo e senza subire gol.

di nuovo lì

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Otto anni e mezzo dopo, molti scossoni e rivoluzioni dopo, il Milan può permettersi di guardare dall’alto in basso la Juve e l’Inter, che affronterà nel derby dopo la sosta. E’ un altro mondo oltre che un altro Milan. Una squadra giovane che a volte pare un po’ sperduta ma riesce a tener testa alle difficoltà, all’assenza del suo leader Ibrahimovic, a tre partite giocate in otto giorni su campi pesantissimi, allo stress di una qualificazione europea ottenuta dopo una serie di rigori infinita. Pioli ha fatto buon uso del turnover e dei cinque cambi permessi dal regolamento post-lockdown: contro lo Spezia ha fatto giocare una banda di ragazzi, età media 22 anni e 287 giorni, la più bassa in Serie A da almeno 15 anni. Il fondo Elliott e il reggente Gazidis hanno stabilito la filosofia: giovani, bravi e possibilmente poco costosi, con stipendi sostenibili. I fatti per ora danno ragione a questo Milan verdissimo, contro lo Spezia ancora più verde della media della rosa (24 anni, 7 mesi e 26 giorni). Il club rossonero è il primo, nei cinque campionati europei più importanti, a schierare sette titolari nati dopo il primo gennaio 1999. Pioli si è trovato a dover gestire delle difficoltà e non si è spaventato, anzi ha valorizzato i suoi ragazzini terribili.

caratteri e sogni

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Senza Zlatan Ibrahimovic l’età media si abbassa. I milanisti temevano che si abbassassero anche la capacità di segnare e lottare, ma queste partite stanno raccontando un’altra storia. Quel sabato sera, a Catania, c’era in campo anche Zlatan, che al momento è in quarantena e non vede l’ora di tornare. I suoi giovani compagni non lo stanno deludendo: la striscia positiva prosegue, siamo a quota 19 in tutte le competizioni e il Milan è rimasto imbattuto in campionato in 15 partite di fila per la prima volta da marzo 2007. Era un anno di gloria quello, ad Atene arrivò la settima Champions League, alzata da Paolo Maldini che adesso fa il dirigente, e in campo c’è suo figlio Daniel. Ci sono fili che non si spezzano nel Milan e fili che sembravano definitivamente tagliati, come quello con il primo posto in campionato, un ricordo lontano rinfrescato dai bimbetti di Pioli. I paragoni sono vietati, il Milan sa di non poter essere quello che fu, non adesso, non ancora, e in fondo questo è il suo segreto. Dimenticata la gloria passata, spezzato il cordone ombelicale con certe ambizioni spropositate. E’ quello che i ragazzi possono fare: dare colpi di spugna. Poi, più avanti, magari subito contro l’Inter, servirà anche altro. Ibrahimovic, appunto. Ma intanto il Milan di Pioli ha dimostrato che anche la Serie A può essere una terra per giovani.

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