Perché Chiesa gioca così poco? Dietro le scelte di Allegri

Solo 52 minuti in campo nelle ultime quattro partite: il minutaggio dell’azzurro deve essere ancora gestito per motivi fisici, ma non è l’unica valutazione che spiega il suo impiego

Nelle ultime quattro partite Federico Chiesa ha giocato 52 minuti in tutto, più recupero: gli ultimi 21 col Torino e gli ultimi 31 a Roma. Tanto più alla luce del fatto che le quattro partite precedenti le aveva giocate tutte, di cui tre da titolare (Lazio, andata col Nantes, Fiorentina), è solo naturale chiedersi perché uno dei tre giocatori più forti e decisivi della Juve – ed è forte il partito di chi lo considera il numero uno – stia giocando così poco. Per responsabilità oggettiva, e consuetudine, inevitabilmente il primo pensiero va alle scelte di Allegri. E inevitabilmente è da lui che passa tutto, ma le valutazioni non sono solo di natura tecnica.

LE VALUTAZIONI FISICHE

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Inevitabilmente il primo criterio è di natura fisica. Il rientro è ormai lontano quattro mesi, a novembre, eppure la necessità di dosarne l’impiego andrà avanti ancora un po’ dopo un’assenza dai campi lunga dieci mesi. “Abbiamo un’altra partita giovedì e un’altra domenica: Chiesa lo devo gestire, anche se stasera è entrato benissimo, strappa”, ha detto Allegri a Roma, e in effetti sul piano fisico Chiesa ha sovrastato Karsdorp, salvo poi non avere altrettanta incisività sul piano tecnico. Tra i due segnali, era forse quello più importante al ritorno dopo 14 mesi sul prato del grave infortunio, che qualche scoria mentale poteva lasciarla.

LE VALUTAZIONI FISICHE

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Se dopo il rientro gestire Chiesa significava soprattutto evitare il sovraccarico, limitandone il minutaggio, per scongiurare infortuni muscolari, col passare del tempo il focus è passato ai tempi di recupero, con la necessità di dare all’azzurro la possibilità di ricaricare le batterie tra una prestazione e l’altra. Ma con l’ultima partita “piena” lontana ormai due settimane e mezzo, e solo 21 minuti nell’ultima gara giocata (il derby), la ragione della scelta di usarlo dalla panchina all’Olimpico non può essere di solo carattere fisico. Non basta che l’ex viola sia in salute per giocare, inevitabile che c’entrino anche valutazioni di tipo tattico: nella struttura attuale il posto di Chiesa può essere da esterno a tutta fascia del 3-5-2 (possibile, e successo, ma difficile), o da seconda punta ma significherebbe considerarlo in alternativa a Di Maria, o ancora provare ad averli tutti insieme ma al prezzo di cambiare sistema di gioco.

LE SCELTE STRATEGICHE

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E’ quello che in fin dei conti è successo nell’ultima mezzora all’Olimpico per rimontare lo svantaggio, lasciare il 3-5-2 per il tridente. “Immaginavamo che la Roma ci avrebbe concesso di più nella ripresa: il gol subito non era nei piani, ma volevamo avere una marcia in più con i cambi”, ha detto Allegri. Dunque una valutazione legata alla strategia della singola partita. O alla strategia più ampia su un orizzonte di periodo di più partite: viste le priorità stagionali, naturale chiedersi se per la Juve avesse più senso mettere in campo i migliori con la Roma o tenerseli per l’andata col Friburgo. In ogni caso sarà semplice dirimere il dubbio successivo tra Friburgo e Samp. Ma anche queste sono valutazioni fondamentali sui giocatori da gestire, e la Juve ne ha più di uno: oltre a Chiesa, Pogba, e in una certa misura forse ancora Di Maria. Un tetris, insomma. E tra tante variabili, ce n’è sempre qualcuna di troppo che rema contro.

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