Pelé, idolo generazionale. Adesso gli Anni 60 sono davvero finiti

Il mondo piange Pelé. Ma lo piange soprattutto la generazione cresciuta nei favolosi Anni 60. Sono i vecchi ragazzi con i capelli bianchi a ricordare con più struggimento la Perla nera, il ragazzo nato povero nel Minas Gerais e diventato il simbolo di un’intera epoca d’oro, probabilmente irripetibile. Con la sua scomparsa, celebrata su giornali e tv mondiali come si deve a un capo di Stato, si chiude una storia che va ben oltre il calcio.

Pelè, le immagini più belle di una carriera da leggenda

Guarda la gallery

Pelè, le immagini più belle di una carriera da leggenda

Pelé è stato in effetti tante cose per ridurla a una sola. È stato il migliore calciatore del Novecento, secondo la Fifa, che ne ha fatto un testimonial permanente in opposizione all’anarchico Maradona, nemico giurato del Palazzo. O Rei è stato intimo amico dei potenti, specialmente del connazionale Joao Havelande, capo mondiale del football dal ‘74 e con lui dal ’58 in Svezia da fresco presidente della Federcalcio. Pelé è stato poi anche il primo atleta moderno e globale. Per lui si fermò la guerra in Biafra, per lui lo scià di Persia – uno che non chiedeva certo permesso – rimase fermo per ore in aeroporto in attesa di una foto. E poi New York con i Cosmos, gli spot delle carte di credito, Fuga per la vittoria al cinema, i quattro anni da ministro dello Sport. La pagina più divertente rimane l’amichevole organizzata in suo onore in Colombia. L’arbitro espulse Pelé, i tifosi insorsero e il brasiliano tornò in campo. Fu invece il direttore di gara a finire fuori.

Pelé, I tifosi brasiliani si riuniscono per salutare O Rei

Guarda il video

Pelé, I tifosi brasiliani si riuniscono per salutare O Rei

Pelé è stato anche il primo divo del pallone. Lo è divenuto grazie alla televisione, con i Mondiali di calcio. Il 10 del Santos atterrò nei salotti al momento giusto: vinse il primo titolo nel ’58, quando lo schermo era piazzato in alto nei bar, l’ultimo nel ’70, quando il tecnicolor stava per entrare in tutte le famiglie. A pensarci bene, Pelé è stato un po’ come gli elettrodomestici, nel senso che ha segnato davvero la vita dei baby-boomer, dei figli del Dopoguerra, più ricchi rispetto ai genitori di soldi, vitamine e svago. Pelé è stato per loro il benessere, con i Beatles e i Rolling Stones, il cinema e le minigonne. Era il sogno, la speranza e la fiducia illimitata nel domani dell’ultima generazione ad avere avuto un futuro davanti a sè. Il figlio di Dondinho e Celeste, scoperto nel Bauru da Waldemar de Brito, ha colorato così molte vite. «Sono più famoso di Gesù» fu una battuta contesa tra lui e John Lennon.

Allegri non ha dubbi: "Pelé era O Rey, il più grande di sempre"

Guarda il video

Allegri non ha dubbi: “Pelé era O Rey, il più grande di sempre”

Se di Stefano era rimasto confinato al bianconero degli Anni 50, e se Crujiff avrebbe segnato i psicadelici Anni 70 con chioma lunga e ritiri aperti alle mogli, Pelé è stato figlio perfetto, prediletto del suo tempo, di cui ha indossato la compostezza. Ha colorato il gioco del calcio, rendendolo più bello, musicale e allegro. In questo, della sua età dell’oro si portava dietro l’ottimismo. Ma anche fuori lo ha rappresentato al meglio, con un decoro condiviso con i suoi coetanei. Il simbolo del successo era vestirsi in giacca e cravatta, come ha fatto per l’intera vita, non certo le pellicce di Maradona, eccessivo come gli Anni 80 tra disco e peccati. Pelé ha portato avanti la sua immagine rispettabilissima di campione benvoluto.

Danilo saluta Pelè: "Il più grande di sempre"

Guarda il video

Danilo saluta Pelè: “Il più grande di sempre”

Gli Anni 60 furono fondamentali per il suo Brasile: era la stagione dei libri di Jorge Amado, delle note dell’amatissimo Vinicius de Morales. Proprio in quel periodo nasceva Brasilia, capitale moderna che costituiva un ponte pieno di fiducia sul domani. Pelé era parte di quel momento, tanto che nel ‘61 fu dichiarato dal presidente Quadros “patrimonio nazionale”, spegnendo le speranze dei club europei. Doveva essere l’emblema del domani del Brasile e in qualche modo di tutto il mondo. Gli venne perdonato l’abbraccio con il generale Medici dopo il ritorno in patria, nel ’70, con la Rimet. Era un ragazzo degli Anni 60 positivo, ottimista, felice di avere mollato la miseria. Esattamente come tanti ex ragazzi che oggi lo piangono.

Conte: "Pelé e Maradona i più forti di tutti i tempi"

Guarda il video

Conte: “Pelé e Maradona i più forti di tutti i tempi”

Precedente …con il calciatore del 2022 Successivo Diretta Dakar 2023/ Streaming video tv, percorso 1^ tappa (oggi 1 gennaio)