Partenza record: fame e maturità, il Milan di ferro è pronto a vincere

Pioli ha firmato il miglior inizio di sempre nella storia del club, il derby ha rafforzato le certezze del gruppo: mentalità da scudetto

Come questo, nessun altro Milan. Ok, siamo solo a un terzo del campionato, e in quell’attico con vista scudetto si sta comodi ma non ancora comodissimi: il Napoli è un coinquilino ingombrante e il Diavolo conta di godersi la vista in solitudine al più presto, magari già alla ripresa quando Spalletti farà visita all’Inter e Pioli farà ritorno nella “sua” Firenze. Intanto, però, il tecnico rossonero può ammirare altri panorami e notare con orgoglio che a svettare è solo il suo Milan. Prendete l’ultimo scudetto: anche nel 2010, dopo 12 giornate, Ibra e compagnia erano freschi di derby, vinto grazie allo svedese. Quel successo era servito per allungare a +6 sull’Inter, perché il Milan comandava la classifica ma il ritmo non era implacabile: qualche frenata qua e là aveva prodotto 26 punti, 6 in meno di quelli raccolti da Pioli. Il suo Diavolo, l’altra sera, non ha vinto il derby – pur sfiorando il colpo con il palo di Saelemaekers al 90’, perché questo Milan trova sempre risorse per finali all’attacco – ma ha cristallizzato l’abbondante +7 sui nerazzurri restando primo: un “lusso” che solo chi ha preso a correre forte dall’inizio, come e meglio di chi lo ha preceduto nella storia, può permettersi.

Capello e Ancelotti

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La partenza 2021-22 è la migliore di sempre nella storia del club: dopo 12 turni nessuno era riuscito a mettere in fila 10 successi e 2 pari, da Capello nel 1992-93 ad Ancelotti nel 2003-04, passando per Liedholm nel ‘64-65, i colleghi di Pioli si erano fermati a 9 vittorie e 3 pari (i primi due alla fine vinsero lo scudetto, il Barone si arrese all’Inter di Herrera). Pioli meglio di tutti nel Milan e a due punti da Allegri, unico nella storia del nostro campionato a vincerne 11 su 12 (pareggiando l’altra): guidava la Juve 2018-19, la prima di Ronaldo, e anche allora fu scudetto. Chi ben comincia è davvero a metà dell’opera, insomma, anche se la storia ricorda che per arrivare davanti a maggio occorre gestirsi lungo tutto il cammino: prima di Milan e Napoli avevano iniziato così altre cinque squadre, ma qualcuno ha perso il passo da scudetto strada facendo (vedi la Roma di Garcia nel 2014 e il Napoli di Sarri nel 2018). A Pioli, per provare a riportare il titolo di campioni d’Italia a Milanello, basterà guardarsi in casa: un anno fa rimase al comando nel girone di andata, poi il sorpasso con fuga dell’Inter cambiò il finale.

Salto

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Ad essere cambiato oggi è il Milan, molto più maturo e consapevole. Di scudetto, Tonali e gli altri parlano dall’estate: “L’obiettivo è uno, ci crediamo tutti”. La società ha operato per strutturare il gruppo ingaggiando campioni abituati al successo come Giroud e puntando sulla materia prima che Pioli aveva iniziato a modellare l’anno scorso: Diaz, entrato in punta di piedi come vice di Calhanoglu, è diventato l’unico vero 10 dal quale passano invenzioni e gol; Leao è passato da talento anarchico a uomo chiave dell’attacco; Maignan e ora Tatarusanu stanno colmando alla grande il vuoto potenzialmente più pericoloso, quello lasciato da Donnarumma. Il Diavolo è giovane ma abituato a vincere, alla voglia di costruire che la contraddistingue ormai da un anno e mezzo ha abbinato la solidità delle grandi squadre. Se ne sono accorte le rivali: contro 5 delle 6 “sorelle” incrociate finora ha raccolto 11 punti su 15, il faccia a faccia col Napoli a dicembre sembra pensato apposta dal destino, resa dei conti tra le più forti. La coppia condivide un’imbattibilità unica nei principali campionati europei: dopo la caduta del Liverpool col West Ham, Milan e Napoli sono le sole senza k.o. in campionato, come ha ricordato Pioli: “Stiamo facendo qualcosa di speciale”. Non resta che vincere.

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