Palladino, la vita in stile Bielsa: “Serve coraggio”

Certi momenti riempiono il cuore e valgono come una medaglia da appuntarsi al petto. Ancora prima che arrivi l’attestato di Coverciano, a impreziosire il percorso di Raffaele Palladino. Uno come Bielsa, decano degli allenatori nel mondo, individua il talento anche in una carriera appena cominciata. Così dentro un parere autorevole e dopo cinque ore di lezione al Centro Tecnico Federale ha trovato spazio la spontaneità dei complimenti rivolti a Palladino, il nuovo che avanza. Un’incoronazione meritatissima, al Monza ne sanno qualcosa. «Bielsa mi ha preso da parte, una volta saputo che tra i ragazzi del corso c’era un allenatore di Serie A. Molti spunti li ho tratti da lui, nel mio lavoro quotidiano. Bielsa parla sempre di “ gambeta ” , il dribbling: ecco, quella è l’essenza del calcio». Poi c’è un campionario di concetti solidi e robusti, che Palladino riserva alla squadra inserendovi sempre un sorriso rassicurante e contagioso. La splendida favola ha già una morale: si chiama empatia, risorsa portata da un triennio nel settore giovanile. I risultati profumano d’Europa da quando Palladino è al Monza: ha creato uno stile, con effetto immediato. Gli brillano gli occhi nel raccontarci i suoi primi tre mesi in serie A. L’efficacia espressa da giocatori affermati e affamati – ecco, la capacità gestionale – luccica in un cammino fatto di cinque vittorie in nove partite dal cambio di panchina.

Il “modello Palladino” è già sulla bocca di tutti: basta ispirarsi alla scelta fatta dal Monza per cercare la svolta?

«Credo innanzitutto che nel calcio italiano si debba avere più coraggio, io ne sono la dimostrazione lampante. Spero che adesso si sia rotto l’argine, perché mi è sembrato ci fosse un muro o comunque la diffidenza a promuovere allenatori giovani. Non c’è bisogno di avere vent’anni di esperienza: quella si acquisisce col tempo, anche sbagliando».

Insomma, l’espressione “cantera” può essere estesa anche a un allenatore?

«Direi di sì, basta voler imparare di continuo. Io ad esempio guardo molte partite nell’arco di una settimana. Mi piace studiare anche le squadre estere, e mi confronto molto con i colleghi. Anche quando ho dovuto stabilire come comportarmi nell’arco di questi due mesi senza campionato. C’è chi ha preferito giocare di più, altri invece erano orientati in modo diverso».

In tutto questo, i risultati hanno allontanato ogni pressione.

«Sempre partendo, però, dalle condizioni in cui ho lavorato all’inizio. La società non ha mai parlato di me come di un allenatore a d interim, ma ho avuto piena libertà. Galliani e Berlusconi hanno fatto una scelta coraggiosa e visionaria. Del resto, le loro sono state spesso intuizioni singolari e vincenti. Adesso col Monza la strada è tracciata, perché siamo venuti fuori da molte complicazioni e da una situazione delicata».

Indicazioni variegate, in due mesi di lavoro col Monza. Una su tutte?

«La mentalità: a me interessa molto il modo di affrontare le partite. Per dire, mi rifaccio sempre a una sconfitta: quella di Roma contro la Lazio, lì ho visto una squadra che ci credeva. Ho percepito qualcosa di positivo: soltanto così possiamo alzare il nostro livello. A lla fine della partita di Roma, Galliani è sceso negli spogliatoi a esprimere soddisfazione nonostante il risultato».

Palladino terapeutico, non solo per i risultati.

«Siamo un gruppo forte e coeso, domenica abbiamo visto la finale dei Mondiali qui a Monzello tutti insieme. Trovare determinate alchimie è importante. I numeri dicono che siamo la squadra di Serie A che ha fatto ruotare più giocatori: anche questo è un valore indicativo. Nonostante avessi appena preso il suo posto in panchina, Stroppa mi ha contattato subito ed è stato molto gentile: “Spacca tutto, in bocca al lupo”, ha detto».

Altro punto a favore: Palladino è un allenatore che non si fa condizionare.

«Penso a quando mi è stato proposto di prendere in mano la prima squadra: all’inizio, le persone che avevo attorno mi hanno trasmesso un po’ di ansia e titubanza. Ho riflettuto sul fatto che si potesse andare oltre le difficoltà, io sono così: intrigato dalle grandi sfide, non mi spaventa nulla».

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