Orsato: “Io, da Rocky a… Rocchi. Il Campanati? Come un Leone d’Oro”

Parla il numero 1 dei nostri arbitri, premiato stasera a San Siro: “Selezionatore? Ancora non so cosa farò, potrei ancora arbitrare. Dopo le partite ascolto Jovanotti”

Matteo Dalla Vite

12 settembre – milano

Il Premio Campanati “per me è come vincere il Leone d’Oro a Venezia: pensavo che aver vinto il “Lo Bello” potesse essere il top, ma questo, a pensare a chi l’ha vinto, beh, è il massimo”. Pausa. “Vede – continua Daniele Orsato con a fianco i suoi assistenti mondiali Giallatini e Carbone -: quando siamo andati in Qatar non abbiamo pensato a questo premio. Abbiamo pensato a non andare in ferie… Quindi ad andare il più avanti possibile. Facendo bene ovviamente. Il premio mi emoziona come la prima convocazione ricevuta nella mia carriera”. Il n°1 dei nostri arbitri riceve stasera a San Siro il Premio “Giulio Campanati” – arbitro e dirigente a livello internazionale nonché guida dell’Aia dal ’72 al ’90 -, riconoscimento che va al miglior arbitro del Mondiale istituito dall’Associazione “Amici di Giulio Campanati” insieme alla sezione Aia di Milano (Meazza/Campanati) con il patrocinio di Figc e Gazzetta dello Sport. Ieri sera, Orsato ha tenuto una lezione ai fischietti dell’Aia di Milano. Partendo così: “Un grande arbitro è dentro di voi e solo da voi dipende tutto: non abbiate paura di sbagliare, mai”.


Orsato, ai più giovani cosa va detto? 

“Che credano in loro stessi e che si sacrifichino di più. Sempre. Lavoro e sacrificio sono sempre gli ingredienti giusti. E bisogna studiare calcio. È importantissimo. Nelle riunioni Fifa alle quali mi è capitato di andare ci sono ex giocatori coi quali parlare di tutto. Una volta Cambiasso mi ha fatto capire certe differenze, viste dal giocatore: guardare calcio, capire i giocatori, fa parte della crescita anche dell’arbitro”. 

Lei ha più volte detto che le piacerebbe “allenare” gli arbitri: cosa significa? 

“Quello che sta facendo Gianluca Rocchi oggi: essere come lui, Rizzoli e Collina prima, cito anche Braschi. Capire quindi i propri ragazzi, rimproverare con chiarezza quando serve e il contrario quando un arbitro ha fatto bene. Ma non solo questo. Tutto viene allenato nella testa”. 

In quanti le chiedono se davvero l’anno prossimo farà lei il designatore? 

“In tanti ma ho massimo rispetto per Gianluca, e stima profonda, per dire cosa farò. Anche perché ancora non lo so. L’altro giorno ho visto una sua intervista in cui auspica che un giorno ci possa essere come opzione il premio per l’arbitro come “migliore in campo”. Lui vede oltre. Sarebbe bello oltre che opportuno, soprattutto per i giovani: gli darebbe una carica strepitosa”. 

È ipotizzabile un binomio Orsato-Rocchi nel futuro? 

“Vediamo. Io intanto imparo da lui, e non è nemmeno la prima volta che lo dico. Fra l’altro teoricamente potrei andare avanti altri anni ad arbitrare, visto che il limite non c’è, quindi vedremo…”. 

Altra proposta: non è che il calciatore, come nel basket, può alzare la mano per ammissione di fallo?

“Credo sia utopia, detto che comunque qualcuno lo fa già… Utopia perché c’è una tale trance agonistica che davvero a volte i giocatori non si accorgono di aver commesso fallo”. 

Orsato, come si carica prima della gara? 

“Ho una “playlist” da oltre vent’anni. Inizia coi Dire Straits, prosegue con “Sweet Alabama” dei Lynyrd Skynyrd, poi altri brani compresa la colonna di Rocky. E si chiude con “Ogni maledetta domenica” che ascolto appena prima di andare in campo”. 

E quando è in campo ha un altro rito, vero? 

“Mi ha sgamato un giovane arbitro. “Secondo me lei quando alza il pallone appena prima di entrare in campo saluta la sua famiglia”. È così. Un gesto tutto mio, un saluto ai miei famigliari”. 

Scusi: e dopo la gara cosa ascolta? 

“Jovanotti. E coi miei assistenti ci diciamo: “Ne facciamo un’altra?”. Di partita, retoricamente…”. 

Un componente della sua famiglia le ha mai detto “Oggi non hai arbitrato bene…”? 

“Mio figlio aveva tre anni. “Papà, la mamma mi ha detto che starai a casa per un po’: dai così ti riposo…”. Non ero andato benissimo effettivamente quel Lazio-Sampdoria”. Sorride. 

Davanti a quel che è successo: un consiglio a Di Bello? 

“Ne ho sbagliate tante io di partite… Ci si riprende”. 

Queste prime tre giornate di campionato cos’hanno detto? 

“Intanto che la territorialità è sparita. Grande cosa. E pure questa è una mossa di Rocchi, un “visionario””. 

Di cosa va orgoglioso, oggi? 

“Di essere rimasto sempre lo stesso di quando cominciai a fischiare una gara all’oratorio, di quando iniziai nel ’92 e diressi la prima gara nel ’93. Ed è quello a cui ho pensato per un solo secondo quando ho dato il via al Mondiale in Qatar”.

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