Nuovo San Siro, il fallimento del sistema

Di colpo San Siro sembra diventato la sora Camilla del proverbio romanesco: tutti lo vogliono ma nessuno se lo piglia. Il sindaco osserva con amarezza che tutti i progetti, reali o vagamente accennati, prescindono ormai dall’area su cui sorge l’impianto attuale. È una deriva del buon senso con buchi evidenti, anzitutto nell’incapacità di fare sistema. La città di Milano perde l’occasione di riqualificare un quartiere intero per l’incapacità di smuovere un progetto da 1,2 miliardi di investimenti privati. Di più, il Meazza rischia di diventare un’immensa cattedrale abbandonata come lo stadio Flaminio, sgretolato e arrugginito, invaso dalle erbacce e popolato dai topi nel pieno centro di Roma. Gli stadi non sono opere d’arte ma infrastrutture con una funzione, senza la quale non servono. San Siro costa 10 milioni l’anno, impossibili da coprire senza l’affitto di Milan e Inter: ricavarli dai concerti è ambizioso perché i concerti si sono sempre fatti ma coprono solo una quota dei costi. C’è pure un limite fisico: la stagione dei concerti dura tre mesi e uno stadio ultramoderno a breve distanza sarà un concorrente formidabile per gli eventi extra calcio. Uno stadio moderno è imprescindibile per qualsiasi club di profilo internazionale grazie all’offerta di servizi (ospitalità, ristorazione, socialità) che alzano la resa per spettatore. Chiunque investa nella costruzione o riqualificazione dello stadio incrementa immediatamente i ricavi riuscendo spesso pure a tenere prezzi ragionevoli per i tifosi, grazie alla segmentazione del prezzo, cioè offrendo servizi ad alto rendimento alla clientela corporate. Nessuno dei primi 20 club europei utilizza uno stadio a proprietà pubblica.

Un fallimento a tutti i livelli

La vicenda del nuovo San Siro è un fallimento a tutti i livelli. Il sistema normativo sembra congegnato per dare un’arma letale a chiunque si opponga a qualcosa: si tratti di un comitato di quartiere, un’associazione, un ente pubblico. La burocrazia è pervasiva, opaca, vischiosa e capace di dilazionare qualsiasi decisione, subordinandola a cavilli procedurali. Si aggiunga che il ciclo elettorale è disfunzionale perché il conto delle scelte odierne arriverà ai cittadini tra diversi anni, quando gli attuali amministratori pubblici faranno altro. Se il sistema italiano è diabolico, il comune ha fatto pochissimo dando l’impressione di subire, più che gradire, un progetto che avrebbe aiutato due squadre patrimonio della città da un secolo e dato benefici ai cittadini. Invece, da palazzo Marino sono sempre arrivati paletti, distinguo, rinvii e rallentamenti finché la corda si è spezzata. Comprensibile che il comune preferisse la riqualificazione del Meazza ma il ritorno economico non avrebbe giustificato i costi del progetto. Si dice vi fossero interessi speculativi ma è surreale pretendere che i privati impieghino oltre un miliardo senza ritorni economici: difficile, semmai, comprendere una mentalità così ostile agli investimenti, proprio a Milano. Sul prosieguo del progetto incideranno le diverse prospettive delle due proprietà: il Milan ha un azionista americano, volitivo e sicuramente capace di raccogliere i capitali necessari per un progetto che sia RedBird che Elliott hanno sempre considerato un milestone distintivo dell’investimento nel club. L’Inter ha una proprietà la cui capacità di finanziamento pare assai problematica come provvisoria sembra la stessa permanenza al timone del club. Giusto quindi che i due club seguano strade diverse ma ai milanesi resterà il rimpianto per una grande occasione persa.

S. Siro, Sala avvisa Milan e Inter: “Lo stadio va gestito e fuori Milano…”

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S. Siro, Sala avvisa Milan e Inter: “Lo stadio va gestito e fuori Milano…”

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