Nuove regole Fifa, l’intervista: “Così gli agenti diventeranno broker”

«È un’autonoma assunzione di potere da parte del massimo regolatore sportivoche gli agenti ritengono ingiustificata, ma la Fifa ha il potere d i dire ai propri membri come comportarsi». Il cortocircuito del nuovo regolamento, se vogliamo, è forse rintracciabile proprio nei principi che ne hanno ispirato la nascita, dei quali ci ha parlato Andrea Bozza, counsel e head of football di Deloitte Legal.  

 Dott. Bozza, la Fifa poteva intervenire così direttamente sul rapporto tra agenti e calciatori? 
«Fifa ha il potere indiscusso di regolare i comportamenti dei propri membri e questo è chiarito da numerosi precedenti. In questo caso, l’organismo chiede alle società e ai calciatori di rispettare certe norme, che però indirettamente possono penalizzare un’altra categoria, come ad esempio quella degli agenti».

Gli agenti ritengono positivo il ritorno alla licenza? 
«Certamente, in questo modo si va a professionalizzare il ruolo. Gli animi si stanno scaldando in particolare sui tetti alle commissioni».

Parliamone. 
«Molti agenti ritengono questa parte del regolamento un’indebita invasione di campo rispetto alla loro attività economica. Per la loro struttura “mono-cliente” dire “questo è il prezzo massimo” può diventare un problema ».

Cosa cambierà, nel concreto? 
«Chi rappresenta il club venditore ha diritto a una commissione massima del 10%. Il calciatore verserà invece all’agente fino al 3% del proprio salario lordo. E allo stesso modo il club acquirente. È un grande cambiamento, direi una rivoluzione».

In negativo o in positivo? 
«Nelle categorie più basse, dove i salari sono più modesti, fissare al 3% del salario lordo il massimo pagabile a un agente certifica in tanti casi una perdita di esercizio».

Ci fa un esempio ? 
«Pensiamo a lla Serie C. Rappresentando un calciatore che guadagna 100 mila euro lordi, quindi diciamo 50 mila netti, l’agente si mette in tasca 3 mila euro. Magari l’agente e il calciatore si trovano in due luoghi diversi. È evidente, allora, che i costi di assistenza sono superiori ai benefici. Tra l’altro quel 3% va successivamente tassato».

Questi tetti non portano a una riduzione della concorrenza? 
«Sicuramente le piccole agenzie possono andare in sofferenza, vedendosi costrette all’aggregazione».

Ma la Fifa non temeva la concentrazione del potere del mercato nelle mani di pochi e ricchi agenti?  
«La Fifa non si occupa della concentrazione del mercato. È evidentemente preoccupata dalla crescita dell’influenza di pochi agenti, quello sì».

Quali conseguenze possono avere questi tetti alle commissioni sempre più bassi? 
«Sicuramente portano a un aumento delle compravendite e i continui cambi di casacca rischiano di minare il principio della stabilità contrattuale, che è fondamentale per i regolamenti Fifa. È anche vero che senza trasferimenti non si attivano i meccanismi di solidarietà che sono altrettanto fondamentali per sostenere il sistema. La Fifa ne vorrebbe di più, ma con agenti meno influenti. È un cane che si morde la coda».

I dati dicono che le commissioni più “pesanti” dal punto di vista economico sono comunque la minoranza. 
«La Fifa si è concentrata sulle poche situazioni che destano preoccupazione e le ha utilizzate per riformare l’ i ntero sistema».

Qual è la situazione in Italia? 
«Secondo un report Fifa, i club inglesi generalmente hanno fatto il maggior uso di intermediari quando hanno ingaggiato giocatori in trattative internazionali (276 su 606), i club italiani hanno avuto la seconda quota più alta con il 37,6%. Non è vero che da noi si fa poco mercato, la verità è che si fa mercato di poco valore e n on cala il numero di operazioni. Ed è curioso, perché questo regolamento agenti nasce proprio dalla sofferenza dei club, che sono stati i primi a volere una riforma».  

Adeguarsi alle norme è obbligatorio? 
«Il regolamento Fifa lo richiede. Dobbiamo immaginarci un futuro in cui tutte le federazioni nazionali hanno unproprio regolamento agenti che prevede i tetti. Questo deve avvenire entro il 30 settembre».

E il divieto di rappresentanza multipla? 
«Questo determina il proliferare di broker più di che agenti. Si dice spesso che questo mestiere si sta spersonalizzando, che viene meno il rapporto di fiducia con il calciatore. Andare a dire a chi rappresenta solo il venditore che prende il 10% del prezzo di trasferimento significa generare forse l’effetto opposto».

Una “caccia a vendere” e un abbandono della rappresentanza? 
«Esatto. L’intermediario del club venditore s i disinteresserà del resto. A quel punto sei un puro broker, non un agente. Il rischio è che assisteremo a una corsa ad accaparrarsi i club che danno il mandato a vendere, con i calciatori sempre più soli» 


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