Non solo Shomurodov: i gioielli da prendere a Samarcanda. C’è anche il Buffon uzbeko…

Il c.t. della nazionale Vadim Abramov presenta tutto il meglio di una zona in forte ascesa, anche calcistica

“Terra di mezzo” senza anelli o signori oscuri, ma sovrani eccentrici, condottieri, esploratori, cercatori d’oro e petrolieri avidi. L’Uzbekistan è preda di conquiste fin dall’antichità. Il deserto rosso taglia in due il Paese da millenni, la Via della Seta l’ha reso famoso, e Alessandro Magno passò da lì prima di conquistare Samarcanda: “Non pensavo fosse così bella”, disse una volta espugnata. Gemma improvvisa tra sabbia, vento, gelo e storia. Da quest’anno pure il calcio ne na una da sfoggiare, perché Eldor Shomurodov è diventato il primo uzbeko a segnare in Serie A e il secondo in Italia dopo Zeytullayev (ex Juve e Genoa).

Occhi a Est

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“Messi d’Uzbekistan” per chiunque lo conosca, nato in una città di raffinerie a un pugno di chilometri dall’Afghanistan, Eldor si è preso il Genoa in silenzio e a fari spenti. Dopo 2 gol e un assist in Serie A, l’attaccante venuto dal deserto fa felice i suoi connazionali, che lo ergono a bandiera pallonara: “Siamo fieri di lui”. Parola di Vadim Abramov, 58 anni, c.t. dell’Uzbekistan dal 2019. “Eldor è una manna dal cielo per Genova… e per noi!”. Perché Shomu nell’Europa calcistica che conta è una vittoria per tutto il movimento uzbeko, 85esimo nel ranking Fifa e cacciatore di sogni da tempo.

I nuovi Eldor

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Obiettivo dichiarato: “Partecipare al Mondiale”. Ambiziosi. E in effetti l’Uzbekistan può sognare un po’. Primo nel gironcino di qualificazione a Qatar 2022 a tre partite dalla fine, in caso di passaggio del turno ci sarà un altro step. Poi chissà. Abramov ci crede: “Stiamo crescendo – racconta a Gazzetta.it – ormai da noi a calcio giocano tutti, il Paese è pieno di campi e la passione è alle stelle. Lo Stato ha fatto molti sforzi in tutte la regioni. Si tengono festival, tornei, eventi e amichevoli. Migliorano le infrastrutture. La crescita è graduale, e sono sicuro che presto andremo al Mondiale”. Anche grazie a una nazionale niente male. Eldor è il bomber, ha segnato 20 gol, ma attorno a lui girano altri giocatori buoni. Opportunità. Come un millennio fa, quando la Via della Seta erano chilometri di sabbia attorno a cui far ruotare imperi, commerci e sogni. “In porta c’è Abduvokhid Nematov – garantisce Abramov – lo chiamiamo il “Buffon uzbeko” perché ha un grandissimo talento. Ha 19 anni e un futuro brillante. Ne sono sicuro”. Altri? “Occhio a Masharipov (centrocampista), al 18enne Jaloliddinov (fantasista) e Urunov, mediano del 2000 dello Spartak. Consiglio ai d.s. di venire a vedere come giocano…”. Oro della sua nazionale.

Come Ronnie

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Shomurodov è il “Messi uzbeko” da una vita, ma perché? “Non lo so. Per me somiglia più a Ronaldo il brasiliano. Per come difende la palla, per le qualità tecniche, per le scelte che fa. È alto, rapido e segna, anche se il ricordo migliore che ho di lui riguarda un… quasi gol”. Dopo una doppietta tra l’altro: “Eravamo a Kallang, Singapore, ed Eldor tirò fuori dal cilindro una magia. Scappò via dai difensori auto lanciandosi, 50 metri di corsa palla al piede, ma saltò il portiere e tirò fuori. Uno sprint fantastico”. Visto anche a Genova: “In campo aperto fa male”. Abramov ci tiene, scomoda Ronaldo il Fenomeno e magari esagera, ma per l’Uzbekistan avere un calciatore in Serie A è un vanto da sfoggiare, come il Registan di Samarcanda quando arriva un turista straniero. Per noi, quel nome, si rifà alla canzone di Vecchioni. Per loro è storia. Forse lo diventerà anche Eldor: “Ragazzo educato e modesto. Spero che arrivi sempre più in alto”. E che ne nascano altri come lui: “È il nostro leader, ma abbiamo molti ragazzi di talento”. Cresciuti in mezzo al deserto, dove l’Uzbekistan raccoglie fiori.

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