No Toro, no party: l’Inter è Lautaro-dipendente, non vince se non segna lui

Nelle ultime otto giornate di campionato i nerazzurri hanno vinto soltanto quando l’argentino ha gonfiato la rete: un solo punto nei tre incontri in cui il 25enne è rimasto a secco. A Inzaghi servono alternative in zona gol

La fascia da capitano al braccio, la ramanzina a tutta la squadra dopo la sconfitta di Bologna e soprattutto i tantissimi gol segnati da quando è campione del Mondo. Il 2023 di Lautaro Martinez è da protagonista assoluto, ma dopo due mesi sta emergendo la necessità, per l’Inter, di diventare meno dipendente dal suo bomber. Che segna a raffica – 6 reti nelle ultime 8 giornate -, ma che non ha le spalle coperte quando per qualsiasi motivo non gonfia la rete per una volta. È accaduto in tre casi dal 7 gennaio a oggi e ogni volta la squadra è rimasta a secco: zero gol, due sconfitte, un solo punto.

Un Toro in scuderia

—  

Dopo il Mondiale in Qatar, Lautaro è stato strepitoso. Ha firmato la Supercoppa contro il Milan, ha firmato l’ottavo di finale di Coppa Italia con il Parma portando la partita ai supplementari e ha firmato sei centri in campionato. Idolo della folla, trascinatore della squadra di Simone Inzaghi. Per un mese intero è stato l’unica bocca di fuoco della squadra, in campionato: dal 14 gennaio al 13 febbraio compreso nessun calciatore dell’Inter ha trovato la gioia personale in Serie A al di fuori del Toro. Uno straordinario campione a cui aggrapparsi spesso e volentieri, ma l’avverbio non può diventare “sempre” se si vuole puntare in alto. Con una rosa di alto livello e tanti giocatori con gol nei piedi, dipendere da un solo uomo è peccato mortale, perché se lui fa scena muta di tanto in tanto – come è normale che sia -, serve qualcuno che giunga in soccorso.

Il tabù

—  

Ora, se si allarga lo spettro alle ultime 8 giornate, Lautaro non è stato l’unico marcatore in campionato per l’Inter: a Monza ha aperto le danze Matteo Darmian, contro l’Udinese hanno esultato anche Romelu Lukaku e Henrikh Mkhitaryan. Ma il problema sorge proprio quando il Toro resta a secco, perché pare attivarsi una sorta di maledizione: la sconfitta interna contro l’Empoli, il pareggio in casa della Sampdoria, lo scivolone di Bologna. Tutte squadre “provinciali” – come le ha chiamate Giuseppe Marotta -, tutte partite con l’obbligo di vittoria, otto punti persi che avrebbero quasi certificato la qualificazione in Champions League con mesi di anticipo. Se fuor di Serie A il tabù non esiste (Darmian ha eliminato l’Atalanta in Coppa Italia e Lukaku ha timbrato l’ottavo di finale di andata contro il Porto in Champions League), in campionato c’è da invertire al più presto la tendenza. Altrimenti si rischia che Inzaghi si trovi costretto a spremere l’argentino per non rischiare altri passi falsi. Tanto è appagante assistere ogni tre giorni alle magie di un attaccante strepitoso, tanto è rischioso dipendere da lui.

Precedente Originale in campo e nella vita: ecco perché Klinsmann riparte dalla Corea del Sud Successivo Dal "telefono" a Pairetto allo scontro con Serra: per Mou i rossi stanno diventando un'abitudine