Niente… strappi. Alle regole

Prosegue il nostro viaggio nei mondo dello sport osservato da un punto di vista medico. L’obiettivo è quello di capire le dinamiche dell’attività professionistica ricavando al contempo le chiavi di lettura più “basiche”, tradotte cioè in consigli pratici per tutti gli sportivi. Ci avvaliamo in questa occasione della competenza del dottor Luca Tomaello, specialista in medicina fisica e riabilitazione con particolari competenze nel recupero funzionale a seguito di intervento chirurgico o infortunio. E’ stato consulente fisiatra per la Juventus dal 2010 al 2016, esperto in patologie della colonna, ed è direttore sanitario di Isokinetic Torino.

Posso guarire bene dopo uno strappo muscolare? La risposta è sì, ma solo se mi curo altrettanto bene! La premessa è che dal punto di vista biologico lo strappo muscolare cicatrizza spontaneamente, il dolore tende a diminuire con il passare dei giorni e si torna alla propria quotidianità senza grosse limitazioni, ma ciò non significa affatto essere guariti soprattutto se l’obiettivo è tornare a praticare sport. Quante volte, magari proprio all’ultimo scambio di una partita di tennis o durante uno scatto, vi è capitato di sentire un dolore forte, proprio lì, sulla coscia e avete cercato di resistere, ma senza poter più spingere al massimo.

L’incidenza delle lesioni muscolari è variabile nei diversi sport: 16-40% nell’atletica leggera, 18% nella pallacanestro, 11% nel rugby. Nell’atletica leggera l’incidenza è elevata soprattutto in discipline come la velocità, i lanci e il salto. Nel rugby le lesioni ai muscoli flessori della coscia sono la causa più frequente di assenza dalle competizioni soprattutto per i “trequarti”, giocatori veloci e potenti mentre le lesioni al polpaccio sono più frequenti negli “avanti”, giocatori impegnati nelle fasi di gioco più statiche, come la mischia e la touche. Uno studio epidemiologico su 6 stagioni consecutive degli Australian Open, in tennisti professionisti, ha evidenziato che gli infortuni più frequenti sono proprio quelli muscolari, con maggior incidenze nelle tenniste donne. Nel calcio un recente studio condotto dalla Uefa rileva come tra i 31 infortuni più comuni responsabili del 78% dei giorni di assenza dagli allenamenti nei primi 5 posti vi siano gli infortuni muscolari. Un atleta come Ibrahimovic è appena rientrato dopo un lungo stop: mentre stava per ultimare il programma di recupero per l’infortunio al bicipite femorale si era lesionato il muscolo soleo della stessa gamba. L’età sicuramente predispone a questa tipologia di infortuni, in particolare a livello del tricipite surale (polpaccio). Tali patologie diventano infatti molto più frequenti dai 40 anni in avanti, specie in quegli sport che richiedono bruschi cambi di direzione (squash, tennis, calcio). Gli sportivi ci hanno abituato a recuperi lampo e spesso i pazienti che incorrono in questo infortunio si chiedono come facciano. La risposta è tanto semplice quanto banale: si curano bene. Alla luce di questi dati quando si incorre in un infortunio muscolare il consiglio è di eseguire una diagnosi precisa ed iniziare subito una terapia adeguata.

Per formulare una diagnosi è necessario conoscere l’anamnesi del paziente, cioè raccogliere le informazioni sul meccanismo della lesione, visitarlo per individuare i potenziali fattori predisponenti alla lesione e decidere quando e con quale periodicità eseguire gli esami strumentali. Nella patologia muscolo-tendinea la diagnostica per immagini è diventata di primaria importanza, in particolar modo l’ecografia, rappresenta l’esame cardine per classificare, valutare l’entità del danno e monitorare il processo di guarigione, identificando precocemente l’eventuale insorgere di complicanze. In atleti professionisti o di alto livello la RMN può essere richiesta per confermare o escludere infortuni strutturali minori quando clinica ed ecografia sono discordanti. Il trattamento deve tener conto del grado, della sede della lesione e del tipo di paziente.

L’atleta professionista è seguito da uno staff sanitario, i dilettanti, gli amatori hanno verosimilmente più difficoltà a gestire la fase immediatamente seguente al trauma e con alta probabilità trasformeranno l’ultima fase della riabilitazione in un ciclo ridotto e autogestito con conseguente allungamento del tempo di guarigione e aumentato rischio di recidiva. In termini di prevenzione e cura in ambito scientifico il dibattito è ancora aperto, ma è chiaro che l’obiettivo primario è ridurre la probabilità di incorrere in un infortunio muscolare. Per tale motivo è opportuno proporre programmi individuali e personalizzati per il singolo atleta considerando l’anamnesi, i pregressi infortuni ed i fattori di rischio.

Rispettando le regole sarà più semplice percorrere il bivio per un sicuro ritorno allo sport.

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