Napoli, un rush che vale il sogno azzurro

L’hanno voluto loro questo calcio disordinato che fa partire il campionato mentre il mercato è ancora aperto e ora che stanno per sistemare il pallone al centro del campo, i pensieri si aggrovigliano intorno a buchi più o meno enormi. Ognuno ha il proprio problema e il Napoli ne ha forse qualcuno in più, nonostante Sirigu si sia aggregato ad una squadra che non sa ancora chi sia il proprio portiere. E però questo è persino un dettaglio ornamentale, è da un po’ che si vaga nell’inquietudine che Luciano Spalletti prova a domare, restando impassibile dinnanzi a domande ancora inevase: Fabian è arruolabile o verrà distratto dall’attesa di scoprire da vicino il fascino della Torre Eiffel? Raspadori è un Godot 3.0 o quel balsamo che, proiettando il suo talento sull’immaginario collettivo, potrà mitigare il dolore per la separazione da Insigne e Mertens, tutti assieme con la loro genialità?

La formazione del nuovo Napoli con Szoboszlai, Raspadori e Keylor Navas

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Nel caos organizzato di questo mondo che cambia a vista d’occhio – chissà se in meglio – il Napoli s’è dato una missione e però deve ancora completarla: voleva rivoluzionarsi, ne sentiva da un po’ la necessità e forse anche l’esigenza, ha sprecato quattro anni dal giorno in cui, con Ancelotti, poteva avviare il processo di rifondazione largamente prevedibile e già tracciato per piccole o grandi linee, però c’è arrivato. Ma è l’ultimo allungo che varrà il giudizio su questo mutamento generazionale, dai tratti inizialmente invitanti e dagli scenari comunque ancora scomposti: tra i misteri non decodificabili, non subito, che inevitabilmente s’addensano intorno a questa trasformazione radicale, prossima numericamente a quella del 2013 con Benitez, restano le mosse che saranno indispensabili per consegnare a Spalletti la rotta delle ambizioni, dunque la natura stessa del club.

Napoli, tanto agonismo ma nessun gol: finisce 0-0 con l'Espanyol

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Napoli, tanto agonismo ma nessun gol: finisce 0-0 con l’Espanyol

In questa tortuosa scommessa che Adl ha cominciato ad affrontare da giugno scorso, al di là del rischio tecnico per gli addii in massa, c’è rinchiusa la dimensione e quindi il futuro di una società che vive di luce propria, si autofinanzia attraverso una politica che appartiene alla dura legge del campo e non può essere assecondata diversamente. Il Napoli, per alimentarsi, deve saper essere protagonista, galleggiare nell’elite del calcio italiano, concedersi la Champions e poi riprodursi: gli è quasi vietato sbagliare persino i tempi d’attuazione della propria idea. Però, per continuare a starsene dentro a qualcosa che somigli a un sogno, non è ancora troppo tardi. Neanche prestissimo, eh!

Spalletti torna calciatore, palleggi sul campo d’allenamento!

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