Napoli, Spalletti è don Abbondo

Il Bologna ha avuto il merito di restare bene o male in partita fino alla fine tenendo viva una sfida impari sul piano tecnico e non solo. Il Napoli di Spalletti, di mostruosa espressività, ha fatto quello che quest’anno gli riesce benissimo: dominare e vincere, segnando in abbondanza. Nelle prime 14 uscite, tra campionato e Champions, conta 42 gol, tre a partita, distribuiti con precisione tra attaccanti (due terzi esatti, 66%) e resto del gruppo: 7 Kvara, 5 Raspadori, 4 Politano, Simeone, Osimhen e Zielinski, 3 Lozano e Anguissa, 2 Kim, uno a testa Elmas, Di Lorenzo, Olivera, Lobotka, Ndombele e Juan Jesus. Soltanto ieri, trenta conclusioni verso la porta di Skorupski e insomma spiegatemi come Napoli-Bologna avrebbe potuto registrare un esito diverso.

Ha l’abitudine al successo anche il Milan, che a Verona ha peraltro rischiato di fermarsi: Tonali, lo stesso del gol (per tutti) scudetto all’Olimpico, ne incarna la determinazione, la volontà, l’ostinazione, caratteristiche che permettono ancora alla squadra di Pioli di non trascurare alcun obiettivo. Torno per un istante al Bologna. Avendo deciso di partire da sé stesso, ora Thiago Motta, un punto su 12 – ma anche un calendario antipatico, Juve e Napoli fuori – deve ricorrere alla sintesi. In meno di 380 minuti ci ha mostrato tutti i nuovi acquisti (ieri Ferguson e Zirkzee dall’inizio): a questo punto scelga su chi puntare, la classifica non autorizza altri esperimenti.

Simone Inzaghi is back

Un pari a Barcellona, tre punti con la Salernitana, il ritorno del Barella dominante e lo spostamento di Calhanoglu nel cuore del gioco sono bastati a Simone Inzaghi per riguadagnarsi il consenso di una parte della stampa e della tifoseria. Il giustizialismo da social e le urgenze dell’edicola accrescono l’umoralità della critica: si passa da pippa a fenomeno, e viceversa, nel giro di tre giorni. Fino a poco tempo fa servivano almeno due settimane. Parafrasando Bazin, “non abbiate paura delle sconfitte. La prima è necessaria, la seconda può essere utile. Se vi risollevate dalla terza e addirittura dalla quarta, siete dei veri allenatori”.

Benzema, l’età dell’oro

A trentaquattro anni Karim Benzema sta per conquistare il Pallone d’oro. Gli “affittuari” storici di casa France Football sono stati sfrattati: Ronaldo è alle prese con un sospetto di tramonto, mentre Messi alterna giocate da Messi a pause fisiologiche. Se non dovesse essere assegnato al francese, che da un anno pieno fa cose strepitose per Ancelotti, il trofeo potrebbe essere derubricato a barzelletta.

PS. Dal “Clasico” – 3 a 1 per il Real – una conferma: per raggiungere Vinicius Junior lanciato ci vuole Bagnaia o Quartararo. E pensare che fu preso dal Real per reazione all’acquisto di Gabriel Jésus da parte del City. Quest’ultimo, che aveva appena vinto il campionato con il Palmeiras, era infatti il vero obiettivo di Florentino. “Vini” soltanto un giovane del Flamengo, talmente giovane da essere parcheggiato nel Castilla. Prezzo di Gabriel Jésus, 24 milioni; di Vinicius, 40! Florentino è un uomo fortunato.


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