Napoli, se il tempo si trasforma in alleato

Per chi ha vagamente sospettato che potesse bastare mettere tutti assieme Raspadori e poi Ndombelé e Simeone per uscire dalle gabbie sparpagliate qua e là da Italiano, Fiorentina-Napoli ha semplicemente provveduto a ricordare quanto sia necessario, per un allenatore, poter avere il tempo, almeno quello, per incidere e abbellire la propria idea. Spalletti si è appena ritrovato una squadra rivoluzionata dentro e fuori, le ha offerto i codici che gli appartengono, ma prima che il Napoli esprima concetti compiuti e pure tatticamente definiti, sarà indispensabile scorgere la chimica, avere gamba e freschezza, infilarsi non solo nelle linee di passaggio ma nella psicologia complessa di uomini che provengono da microcosmi diversi, che hanno bisogno di annusarsi e capirsi. C’è un calcio che non può sfuggire mai a certi principi classici e l’amalgama – lo insegna la storia romanzata del calcio – non piove dall’alto, né si scorge tra una trattativa e l’altra nei banchi del mercato. La Fiorentina è stato (forse) pure un ricordo (il 2-5 in Coppa Italia, a gennaio; il 2-3 sempre al “Maradona” ad aprile, la resa decisiva nello sprint per lo scudetto) e certi ragionamenti un allenatore li affronta, guardando la lavagna mentre prepara la partita. Alla terza, si può tranquillamente apprezzare la benevolenza delle settimane scorse, quella grandinata di rinforzi che fanno tanto “chic”, e però non si rimodella il Napoli dalla sera alla sera, soprattutto se dallo specchio emerge la faccia espressiva della Fiorentina, la sua solidità, la capacità di resistere alle fatiche di questa estate di luna piena di Conference League.

Napoli, Spalletti è una furia: il faccia a faccia con i tifosi della Fiorentina

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Nella pur pirotecnica estate napoletana, praticamente prossima alla perfezione, il Napoli s’è perso in un dettaglio che va definito tale solo come un eufemismo: mancano poche albe al 1º settembre e da DeLa in giù, arrivando sino a Meret, ognuno potrà liberarsi delle paure dalle quali sono stati assaliti. Il portiere è un uomo solo per la sublime definizione di Eduardo Galeano, però da un po’ – da qualche anno in qua, da quando il modernismo è entrato nelle aree di rigore – gli viene concesso di uscire dalla ortodossa interpretazione del ruolo: oggi come ieri, Meret è «condannato a guardare la partita da lontano», ma ora può «muoversi dalla porta», per evitare la «fucilazione». Alex Meret rimane un talento (ancora) inespresso, però in una istantanea (25’ tiro di Sottil docile-docile) ha mostrato il proprio pallore: il Napoli – soprattutto nell’ultimo trimestre – gli ha complicato la vita con quel senso di sfiducia che s’è percepito sino a Marte. Ne sono comparse di sagome inquietanti – da Musso a Maximiano, da Gollini a Trapp, da Kepa sino a Navas che sta ancora lì, da qualche parte, e forse potrebbe anche sbucare fuori all’improvviso – e Meret “scade” tra dieci mesi: è stata una gestione naif, un pizzico inopportuna, assai controproducente perché, al di là di ciò che non s’è visto, il linguaggio del corpo del portiere tradisce lo stato d’animo. Ci sta, sono cose che succedono, e Gollini stesso, reattivo su Raspadori, ha appena fatto in tempo a dimenticare le proprie delusioni – l’anno buttato via in Inghilterra con il Tottenham e, in precedenza, la possibilità di prendersi l’Atalanta che ci aveva creduto – ma il calendario va di fretta, dà una bella mano al Napoli e a Meret stesso e tra una manciata di ore comunque toglierà il fastidio del mercato: dentro o fuori, lui (con il suo amico Sirigu) o Navas. La lezione potrà servire al Napoli e pure a Meret, che in questi tre giorni potrà almeno conoscere il proprio destino e fare pace con se stesso: vada come vada, non avrà più demoni intorno a sé.

Fiorentina-Napoli 0-0, i numeri della partita

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