
CASTEL VOLTURNO – Per cominciare a costruire a se stesso, Victor Osimhen non ha mai avuto bisogno di troppo tempo: arrivò in Italia, debuttò a Parma, e alla terza giornata, dopo 43’ si era già presentato. Gli furono sufficienti tre partite pure nella sua seconda stagione, quando per cominciarla con un pizzico di trash si fece espellere con il Venezia, saltò il Genoa, tornò con la Juventus e poi si scongelò a Udine. L’Osimhen III, questa specie di Papa laico, ha scelto una scorciatoia, s’è messo pure un po’ di fretta addosso, e tra Verona e il Monza, appena centottanta minuti, ne aveva già messi due in fila. Ma non bisogna mai stupirsi di niente, ormai, e il Re, con tanto di corona in testa, passeggiando tra Frosinone e il Sassuolo, memore d’essere il padrone dell’area e altre varie cose ancora, ha deciso di esagerare: tre reti fatte e un rigore regalato a Raspadori, perché gli Imperatori sanno essere munifici, quando vogliono.
The Next Dance
Victor Osimhen è perfettamente consapevole di se stesso, della sua natura devastante, di quella fisicità che demolisce chiunque – grandi e pure piccine – e di un’evoluzione che pare un arcobaleno: attraverso la legge dei numeri, che a modo loro ci spiegano gli attaccanti, Osimhen ne ha collezionati (complessivamente) dieci, poi diciotto, infine trentuno però, insaziabile com’è, ha smesso di indugiare e si è concesso una danza nel futuro.
L’Osi di Napoli
Victor Osimhen è quell’uomo da duecento milioni («un duecentino») di euro che Aurelio De Laurentiis in qualche modo – e non si sa come – ha sottratto alle tentazioni del mercato senza ancora rinnovargli ufficialmente il contratto: dieci appuntamenti con il manager del centravanti con superpoteri non sono stati sufficienti per arrivare alla fumata azzurra, ma tra le pieghe di due strategie diverse qualcosa si è mosso. Victor Osimhen è la rappresentazione scenica di una «esplosione» plastica e pure rumorosa, la dimostrazione che volere è potere e che ai giovani è consigliabile sempre ascoltare la saggezza dei propri maestri che Spalletti ha sublimato facendo di quel potenziale talento una specie di fenomeno paranormale, dinnanzi al quale si ammutolisce.
The King
Quando Victor Osimhen mise piede a Napoli, Ciro Immobile aveva già (stra)vinto per tre volte la classifica dei cannonieri e i paragoni, a prima vista, sembravano improbabili, perlomeno in quell’istante: ma c’è voluto un attimo, qualche disgraziato giro in ospedale (per un infortunio ad una spalla, per una commozione cerebrale, per un mega-intervento alla faccia) e le distanze si sono annullate, facendo di Napoli-Lazio un meraviglioso festival del gol, con gli ultimi due capocannonieri che possono permettersi di guardarsi negli occhi e sfidarsi ancora e di nuovo, da scugnizzi degli undici metri che sono stati capaci di impadronirsi di questo calcio.
Super (Osi)Mhen
Raccontano i matematici del pallone, che in questo 2023 assolutamente da favola per Napoli e per Osimhen, soltanto in due siano stati capaci – nei cinque campionati europei più importanti – di segnare venti gol. Uno si chiama Harry Kane, l’altro e è un uragano. L’uragano Victor.
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