Duecentoventicinque minuti, ovvero cinque tempi interi per segnare il primo gol, due col Modena, due a Verona, uno col Bologna, quando in pieno recupero Kvaratskhelia e Di Lorenzo hanno portato il Napoli di Conte per la prima volta in vantaggio in questa stagione. Ma se c’era un gol che poteva riempire d’orgoglio l’allenatore, era proprio questo. Per il modo in cui è nato e poi realizzato, ma soprattutto per i nomi di chi ha prodotto e concluso l’azione: assist fantastico di Kvaratskhelia, controllo e tocco di Di Lorenzo, due giocatori che avevano già preso la strada lontano dal Vesuvio e se non fosse stato per la forza persuasiva di Conte chissà dove sarebbero oggi. Poi Di Lorenzo è andato sotto la curva a battersi la mano sulla maglia azzurra, però senza il salentino di maglie ne avrebbe indossata un’altra di colore diverso. Una mezz’ora dopo Kvara (con la complicità di Beukema) ha fatto il resto, ha chiuso la partita e consegnato i tre punti a una squadra che aveva bisogno di una vittoria per credersi davvero un’altra, non più quella mortificata e mortificante di un anno fa. Altra festa per il 3-0 perché dentro c’era anche il balletto del debuttante di classe, Neres, che ha portato con sé l’assist per Simeone.
Per mezz’ora non era stato il Napoli folle e molle di Verona, ma nemmeno quello che Conte immagina. Sul piano della personalità, dello sviluppo del gioco e del controllo del campo in quel periodo meglio il Bologna di Italiano. Che però si porta dietro il vizietto di Firenze, già ampiamente mostrato al debutto con l’Udinese: tante occasioni, zero gol. A dir la verità, al Maradona ne ha avuta una soltanto nel primo tempo, ma sullo 0-0 e se lo scavetto di Castro avesse trovato la via della porta invece del corpo di Meret probabilmente avremmo raccontato qualcosa di diverso. E proprio come succedeva alla Fiorentina, tanta esuberanza offensiva e tanta aggressività nella metà campo avversaria, comportano il solito rischio: difesa alta e, di conseguenza, aperta. Negli ultimi 7 minuti del primo tempo, il Napoli ha avuto tre occasioni per segnare, due in contropiede. Un classico per Italiano.
Il quale, va detto, finora non ha mai avuto tanta fortuna con i centravanti: ne aveva uno, fortissimo, a Firenze e gliel’hanno ceduto alla fine del girone d’andata (quando Vlahovic aveva già segnato la bellezza di 17 gol), ce n’era un altro strepitoso a Bologna (Zirkzee) e se n’è andato poco prima che lui arrivasse. Per quanto producono le sue squadre, Italiano avrebbe bisogno di un centravanti forte, adesso deve sperare in Castro e Dallinga. Quel centravanti che presto avrà Conte a Napoli. E allora sì, allora dovremo vedere la squadra che l’allenatore ha in testa, il Napoli del riscatto. Con Lukaku cambierà la faccia, anzi, cambierà proprio il corpo della squadra. Si passerà dai 70 chili e 172 centimetri di Raspadori ai 90 chili e 190 centimetri di Romelu. È evidente la differenza fisica e lo è ancora di più la differenza dei gol e anche del gioco che porterà il gigante belga. Ne avrebbe bisogno pure Italiano di uno così.
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