Napoli, il coraggio di Spalletti

Togli, se hai il coraggio, Osimhen e Lozano dopo il pareggio della Roma e dopo che hai già mandato sotto la doccia Kvara. Ci vuole un pizzico di calcolata follia per sostenere un azzardo simile. Ci vuole una convinzione intima dei mezzi straordinari di questa squadra, che hai plasmato in un tempo relativamente breve come una materia tutta tua, di cui puoi disporre senza timore che ti sfugga di mano. Ci vuole un uomo che ha domato i suoi fantasmi e non ha più paura. Ci vuole Spalletti al tempo della sua completa maturazione. L’ultima scommessa vinta dal tecnico azzurro vale un altro allungo sulle rivali: tredici sull’Inter, quindici su Lazio, Atalanta e Milan. Un divario mai visto nel campionato a venti squadre.

Un’orchestra armoniosa

Ma non è il divario a raccontare il primato, quanto invece lo straordinario collante tattico che fa di questa squadra un’orchestra armoniosa anche di fronte agli incerti del campionato. La Roma è stata l’ostacolo più duro nel cammino fin qui compiuto. Perché indomita nella sua resistenza e astuta nelle sue sortite, poche, ma tutte ficcanti. Una squadra che, anche nel giorno in cui Dybala scompare, non si scompone dietro, e trova la forza per spezzare il dominio azzurro, tentando a intervalli regolari di ribaltare il baricentro del gioco. L’ingenuità di Lozano in copertura su El Shaarawy non è un regalo. Perché Mourinho quel punto debole nella retroguardia avversaria lo ha intravisto nell’intervallo, quando ha messo dentro il Faraone per Spinazzola, e lo ha inseguito per tutto il secondo tempo, nella convinzione che una piccola crepa potesse aprirsi nella perfezione del Napoli. Così è stato.

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Padronanza assoluta delle risorse

Ma non basta. Non basta l’intuito del più tattico tecnico del campionato. Non basta il trattamento di riguardo di Cristante e compagni per le caviglie di Osimhen. Non basta la regia di un Matic risanato. Perché il Napoli ne ha sempre una in più. Anzitutto a centrocampo, dove ieri per la prima volta si è visto cosa possono fare insieme un regista arretrato impeccabile come Lobotka e un regista avanzato ispirato e finalmente continuo come Zielinski. Non a caso per la prima volta Spalletti cambia tutti attorno a loro, ma lascia lo slovacco e il polacco fino al novantesimo. Con un centrocampo così, il Napoli scongiura l’assedio che pure la Roma prova ad imporre a inizio di ripresa. Il resto lo fanno attaccanti che nessuno ha con la stessa dotazione di qualità e continuità. Non solo Osimhen e Kvara, ma anche Simeone e Raspadori, il cui rapporto tra gol e minuti giocati è spaventoso. Il fatto che Spalletti li getti nella mischia nel momento più difficile della più difficile partita del campionato dimostra che ha una padronanza assoluta delle risorse di cui dispone.

Le intuizioni felici del tecnico

Lo vedi anche dalla scelta di Lozano, che è un’altra delle intuizioni felici del tecnico. Perché è il giocatore che per la sua mobilità meglio può sottrarsi alla marcatura di Ibañez. L’opzione dei suoi affondi sulla fascia regala al Napoli una maggiore capacità di penetrazione rispetto al modulo con Politano. Con il messicano il puzzle azzurro si ricompone in una forma nuova, ma ugualmente virtuosa, dimostrando che il giusto assortimento delle risorse consente a Spalletti di variare sempre il gioco. L’egemonia è un singolare binomio di varietà e qualità che fa del Napoli una squadra completa come poche in Europa.

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