Beata sincerità. Quando non hai più nulla da perdere, tanto vale essere se stessi. E basta con questo 4-3-3 a cui hai giurato fedeltà in un’intervista a Ivan Zazzaroni che pure ti è valsa, in qualche modo, la panchina azzurra. Basta inseguire l’eredità, o piuttosto il fantasma di Spalletti. Mazzarri torni a essere Mazzarri, il più datato, il più tradizionale, ma anche uno dei più esperti allenatori del campionato. Quindi: 3-4-3, che dopo il primo gol diventa 5-4-1. E giochiamo come sappiamo giocare. Con prudenza tattica e coraggio agonistico, senza strafare, coperti dietro come non mai, con più libertà per Lobotka, che se la prende e torna a dettare legge a centrocampo, e con il contropiede che torna a essere la spina del Napoli. Un decennio è passato d’emblée: Mazzarri imbriglia la Fiorentina nella sua gelatinosa tela del ragno, poi la colpisce con Simeone, imbeccato da uno stupendo corridoio di Juan Jesus. E poi si mette in trincea, in attesa del novantesimo che prima o poi arriverà. È bello? No. È giusto? Neanche. Funziona? Sì, funziona. I viola sbattono e sbattono, ma una volta di più Italiano tocca con mano i limiti di un attacco che fa fatica a vedere la porta, perfino dal dischetto del rigore. Il più lucido è come sempre Bonaventura, che affonda da tre quarti a trequarti con indomito agonismo e buona tecnica, ma stavolta non ha sponde. Stavolta Beltran dorme, Ikoné sfarfalla, Duncan esita, e poi ancora Nzola vagola, e Sottil cincischia, e la manovra viola va in fumo. Perché quando credi che tutto si decida nell’assedio alla porta di Gollini, davanti alla semideserta e distratta platea di Riyad si para la sagoma di Zerbin, che affonda per due volte con scatti di intuito, di rabbia, di gamba e di indubbio talento. Valgono altrettanti gol e una botta in testa, contro il palo della porta di Terracciano. E sembrano ricordare che nel 3-4-3, anzi nel 5-4-1, di corridori eclettici come il novarese c’è bisogno, eccome.
Anche se ha già la valigia pronta per Frosinone, dove lo attendono a braccia aperte. E anche se il Napoli ha comprato Mazzocchi. Perché in questo schema i terzini, gli esterni e i mediani sono ruoli fungibili, tant’è vero che Mazzarri li scambia nella ripresa con pieno profitto. De Laurentiis sta cercando un altro centrocampista, e non è facile trovarlo nel mercato di gennaio. Resta da capire se non sia meglio valorizzare questa ennesima scoperta di Giuntoli, certamente meno grezza del ruvido Cajuste. Vedremo come finirà il 31 gennaio, ma noi facciamo il tifo perché il volitivo ventitré resti una maglia del Napoli. Quanto alla svolta del modulo, c’è da giurare che, confortato dal successo, il tecnico livornese resterà acquattato in questa trincea anche nella finale. Cinque-quattro-uno e non se ne parli più.
Sarà l’Inter o piuttosto la Lazio a testare se in questo rifugio tattico possano trovare riparo e nascondersi tutti i limiti del Napoli. O se invece la forza d’urto dell’attacco nerazzurro, o piuttosto il palleggio ficcante di Luis Alberto e compagni, farà esplodere l’ultimo baluardo difensivo della panchina azzurra. In quel caso Mazzarri morirà come fanno gli eroi di fronte al nemico, con la coerenza delle proprie idee. E il Napoli invece ne uscirà sfigurato. Ma il nostro non è, allo stato, che immotivato pessimismo. Perché ieri gli azzurri hanno dominato e vinto, sia pure arroccati nel loro fortino. E nessuno può escludere che il futuro migliore sia un salto tattico all’indietro di dieci anni, quello che nella prima notte di Riyad ha portato nello spogliatoio una buona dose di fiducia. Siamo costretti a crederci…
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