Napoli, affare da un miliardo: c’è la fila

Le indiscrezioni sull’interesse di investitori esteri nel Napoli non devono sorprendere. La Serie A è da tempo nel mirino di gruppi finanziari – soprattutto americani – attratti dai prezzi relativamente bassi dei nostri club rispetto alle franchigie statunitensi ma anche dalle potenzialità inespresse del calcio italiano, vero gigante addormentato del football europeo. Non solo in Serie A, dove sono 7 le proprietà straniere, ma anche in B l’interesse degli investitori trova terreno di conquista. Come abbiamo più volte sottolineato, è un fatto assai positivo. L’afflusso di capitali è sempre benefico per ogni industria, non solo in termini monetari ma per la qualità degli obiettivi di ritorno economico che spinge le società a migliorare i modelli di business: gestione dei costi e capacità di generare ricavi. Stando alle indiscrezioni di Mergermarket (di cui il Corriere dello Sport ha ampiamente riferito ieri) il gruppo De Laurentiis potrebbe seriamente valutare tra diverse manifestazioni di interesse e il viaggio del presidente negli Usa può agevolare i contatti.

Equilibrio economico

Il Napoli ha tutte le carte in regola per essere un obiettivo appetibile: zero debiti e un equilibrio economico consolidato. Da quando De Laurentiis l’acquisì dal fallimento, nel 2004, quella è una storia di successo sia sotto l’aspetto sportivo che finanziario. Sul campo il Napoli è tornato, in meno di vent’anni, dalla C al suo ruolo storico di protagonista del massimo campionato e oggi perfino della scena europea, col primo posto nel girone di Champions. La vittoria di uno scudetto che pare in rampa di lancio sarebbe il coronamento di questo tragitto entusiasmante. Ma anche un’ottima notizia per l’intero calcio italiano se si affermasse, per il secondo anno consecutivo dopo il successo del Milan, la logica della programmazione e del controllo dei costi rispetto alle spese fuori controllo. Sarebbe il secondo scudetto di fila vinto da chi non è primo nella classifica dei costi per stipendi e ammortamenti. Con la gestione De Laurentiis il Napoli ha prodotto anche 60 milioni aggregati di utile (erano 137 fino a l Covid), accumulato 126 milioni di patrimonio netto e oltre 100 milioni di cassa.

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Capacità gestionale

Ha ottenuto questi risultati senza mai contare su un contributo decisivo dei ricavi dal botteghino (molto contenuti rispetto ai competitor di Serie A) per cui l’investimento in un nuovo stadio potrebbe offrire una spinta enorme. Li ha ottenuti anche grazie a rilevanti plusvalenze che ha sempre dimostrato di saper produrre senza penalizzare la competitività: le partenze di Koulibaly e Fabian Ruiz porteranno quest’anno oltre 60 milioni di utile da player trading. Il Napoli non ha nulla da migliorare sul fronte della capacità gestionale, sotto il profilo dell’equilibrio economico-finanziario e della qualità tecnica. Può invece crescere moltissimo sul fronte della capacità di generare ricavi, sfruttando un brand che inizia ad essere associato (anche oltre i confini nazionali) ad una squadra di successo oltre che a una città molto affascinante.

ADL alla finestra

Rapportando il Napoli alla recente acquisizione del Milan (1,2 miliardi) bisogna osservare che i ricavi caratteristici 2021 (senza player trading) erano 180 milioni contro i 240 del Milan. Cresceranno nel 2022, grazie anche alla riapertura del Maradona, ma anche il Milan è cresciuto nel 2021/22 a 275, senza i proventi straordinari della cessione della sede. In più, il Milan ha un bacino internazionale di fans molto più numeroso oltre a una base più robusta di ricavi commerciali. Difficile quindi che si possa arrivare ai valori della recente acquisizione o al miliardo che – dicono – De Laurentiis si aspetta. Il presidente potrebbe decidere di aspettare che i valori salgano e che il percorso di crescita collochi il club su livelli ancora più alti.

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