Un silenzio che fa rumore. È il nuovo capitolo del film a puntate che sta andando in scena tra la Roma e José Mourinho. In particolare tra i Friedkin e il tecnico: al centro del dibattito c’è il rinnovo di un contratto, che scade il 30 giugno e del quale ancora a Trigoria non si parla. Anzi, sarebbe più corretto dire che qualcuno che ne discute c’è e quel qualcuno è Mourinho. Da abile stratega della comunicazione qual è ha deciso di giocare a carte scoperte. «Il mio futuro? Non lo conosco, con la proprietà parlo, ma non di rinnovo» le sue parole a Rai Sport che hanno un chiaro intento, far uscire allo scoperto la proprietà che però, nei suoi anni a Roma, ha centellinato le dichiarazioni pubbliche. E per questo anche il tentativo di José sembra cadere nel vuoto, perché di risposte, nemmeno off records tra i diretti interessati, sono arrivate. L’obiettivo del tecnico, però, come negli scacchi è quello di stanare il re e se non lo può fare direttamente, allora le vie indirette possono essere la soluzione giusta, sfruttando l’amore di una piazza che da giorni mette pressione alla proprietà, chiedendo di far luce sul futuro dell’allenatore. Un esempio può essere la scritta “José a vita” comparsa ieri fuori Trigoria.
La mossa Totti caduta nel vuoto e le sirene dell’Arabia
Ma, arrivati a fine novembre, né Dan né Ryan Friedkin hanno intrapreso il discorso e non resta più molto tempo se si vuole pensare di progettare una quarta stagione insieme. Anche qui, però, Mourinho vorrebbe garanzie, non solo tecniche che la società ha comunque provato sempre a soddisfare (vedi gli acquisti di Dybala e Lukaku), ma pure societarie. Dopo la finale persa a Budapest il tecnico era stato inequivocabile, chiedendo maggior forza e appoggio nella comunicazione, sentendosi lasciato solo nelle battaglie intraprese con arbitri e palazzi di potere. La richiesta era stata di portare nel club uno alla Maldini per capirci. Qualcuno che potesse spalleggiarlo e, in questo senso, Francesco Totti sarebbe stato perfetto, secondo il portoghese. Ma l’assist non è stato mai colto. Per questo i rapporti con i Friedkin si sono raffreddati, riducendosi al solo lavoro quotidiano da fare. Senza parlare di futuro, nonostante José si aspettasse qualcosa di più dopo aver mantenuto la parola data a giocatori, tifosi e dirigenti, restando nella Capitale e rifiutando le sirene di mercato arabe. La sensazione, al 25 novembre, è che il tempo per ripianare e sedersi intorno a un tavolo ci sia, ma che serva comunque accelerare se la volontà è quella di continuare insieme. Mou, poi, non è il solo a scadenza, nella sua situazione ci sono il general manager Tiago Pinto e diversi giocatori. Serve programmare oggi per non arrivare a marzo schiacciati dalla frenesia di correre ai ripari di una situazione che tutti, Mourinho compreso, avrebbero potuto provare a gestire meglio fin dall’inizio.
© RIPRODUZIONE RISERVATA