Montella è proprio cambiato E ha fatto crescere il Milan

Il giorno dopo Milan-Juve, una vittoria rossonera che pochi avevano pronosticato e un secondo posto in classifica (con la prospettiva di trasformarlo in primo almeno per una notte nel caso di successo a Genova nell’anticipo di martedì) ancor meno prevedibile, tornano alla mente due frasi pronunciate da Vincenzo Montella. Entrambe, a loro modo, utili a spiegare l’exploit di ieri e, più in generale, il sorprendente cammino rossonero.

Come si cambia — La prima è stata spesso ripetuta dall’allenatore milanista ed è colpevolmente passata sotto silenzio. Perché, detta da un uomo e da un tecnico del quale in passato è stata spesso evidenziata – e stigmatizzata – una certa supponenza, assume un significato e un valore decisivi. “Le esperienze cambiano, trasformano e aiutano a crescere”: questo il succo del pensiero di Montella espresso in diverse occasioni negli ultimi tempi. “Io stesso mi sento cresciuto, evoluto”. Evoluzione che, nel suo caso, fa rima con pragmatismo e umiltà, doti ben evidenziate dal Milan da lui messo in campo: lontani i tempi di Firenze, in cui predicava possesso palla e costante ricerca della profondità attraverso un gioco ragionato, fatto di controllo del ritmo e improvvise accelerazioni, la versione odierna della filosofia montelliana fa i conti, si adatta e infine sublima pregi e nasconde i difetti dell’organico messogli a disposizione dalla società che in estate lo ha chiamato per tentare l’ennesimo rilancio di una squadra prossima allo sbando.

Questione di caratteristiche — Dati i giocatori a disposizione, il tecnico napoletano è stato bravo ad adattarsi a loro senza pretendere che fossero loro ad adattarsi alle sue idee. In parole povere, difficile pretendere possesso palla quando hai un centrocampo che non può fare a meno della legna portata da uno come Kucka; un esterno d’attacco come Niang, che fa della corsa a strappi e degli uno-contro-uno (troppe volte ancora a testa bassa, quindi ‘ciechi’) la sua forza; e un centravanti come Bacca, letale quando guarda la porta ma limitato nei movimenti senza palla utili a favorire l’inserimento dei centrocampisti e nei mezzi tecnici che consentirebbero, tenendo palla, di far salire la squadra e dialogare coi centrocampisti stessi. Lontanissimo, dunque, dall’idea di attaccante di manovra che costituirebbe il terminale offensivo perfetto nell’undici di Montella.
Giudizi diversi — Eppure Bacca gioca, segna e pare pure divertirsi – parole sue – nel Milan di Montella. E questo ci dà l’opportunità di citare la seconda frase di cui dicevamo all’inizio. Pronunciata, venerdì alla vigilia della sfida alla Juve, dall’allenatore: “Io e i miei collaboratori abbiamo cambiato idea su alcuni giocatori della rosa”. Uno è certamente Bacca, che in estate pareva in lista di sbarco proprio perché in teoria c’entrava con Montella come il cavolo a merenda; bravo l’allenatore a rendersi conto che una squadra come questa non poteva fare a meno di un centravanti capace di far gol ogni 2 tiri in porta.
Un altro ipotizziamo sia stato lo stesso Kucka, del quale oggi Montella riconosce le caratteristiche uniche, perché differenti da quelle di ogni altro centrocampista rossonero. Un terzo potrebbe essere Suso, che al Milan era stato un pesce fuor d’acqua prima di far bene nei suoi 6 mesi di prestito al Genoa, e che Montella, vista la carenza di piedi buoni nell’organico, ha deciso di tenere una volta resosi conto che il ragazzo era cresciuto in personalità (ma deve imparare a stare più tempo ‘dentro’ alla partita, toccando più palloni e in modo più decisivo). E Niang? No, lui no. Non crediamo che su di lui Montella abbia cambiato idea. Al contrario, ce l’ha sempre avuta ben chiara: “Mi incuriosisce allenarlo”, disse appena sbarcato a Milanello, “perché secondo me può dare molto più di quello che ha dato finora”.
Umiltà e sacrificio — Detto, fatto. Oggi Niang, con Donnarumma e Bonaventura, è leader di una squadra che si può dire sia davvero specchio del proprio allenatore, bravo a fare di necessità virtù, a riporre nel cassetto idee di grandezza e mettere in campo una squadra che passa con disinvoltura dal 4-3-3 al 4-5-1, umile abbastanza da coprirsi e ripartire in contropiede, come ha fatto ieri contro la Juve, avversario dal più alto tasso tecnico e quindi dalla superiore capacità di palleggio. Proprio quella cui aspira Montella, sempre che dal mercato di gennaio arrivino i giocatori giusti. A questo proposito, nel dopo-Juve l’allenatore ha detto di essere felice per Galliani perché “questo è anche il suo Milan”. Altro segnale di umiltà da parte del tecnico, ma in questo caso forse esagerato: degli acquisti estivi continua a non esserci traccia nell’undici di partenza. Forse il solo Lapadula sta iniziando a conquistare la fiducia del tecnico. Per il resto, i volti ‘nuovi’ sono cavalli di ritorno, Suso e Paletta. Perciò, questo è il Milan di Montella. Del nuovo Montella.

 Fabrizio Salvio 

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