Mino Raiola e il retroscena di mercato tra Milan e Inter per Ibrahimovic

Non aveva paura di nessuno. Né di Berlusconi, né di Totti, né della Fifa. Mino Raiola sembrava (o forse lo era davvero) un supereroe della Marvel, uno di quelli per il quale niente è impossibile. Anche le missioni di mercato più complicate. Il 9 agosto 2006, mentre il Milan a San Siro si giocava la qualificazione in Champions nell’andata dei preliminari con la Stella Rossa (1-0, rete di Pippo Inzaghi), era a Torino a firmare il passaggio di Zlatan Ibrahimovic dalla Juve all’Inter. L’asta tra le due milanesi per avere l’attaccante era feroce e Galliani aveva promesso il rilancio decisivo al termine del match. Invece Mino si fece convincere (eufemismo per dire che… ottenne quello che voleva) da Branca e Oriali: al fischio finale di Milan-Stella Rossa, Zlatan era nerazzurro, con tanto di autografi sui contratti. “Ti aspetto da Giannino. C’è anche il presidente Berlusconi. Così sistemiamo tutto”, l’appuntamento dato dall’ad rossonero. A quella cena Raiola arrivò a bordo della macchina di un dirigente dell’Inter, che lo lasciò qualche metro prima dalla porta d’ingresso del ristorante e poi si dileguò. Non ebbe nessun timore a spiegare al Cavaliere che Zlatan il Milan lo avrebbe avuto non come giocatore ma come avversario. Berlusconi e Galliani non gradirono, ma apprezzarlo la franchezza del professionista che, pur non avendoli “aspettati” per chiudere l’affare, non si era “nascosto”. Ecco perché tra le parti il rapporto restò ottimo.

Mino Raiola, il diavolo custode

Balotelli e Totti

Per Balotelli è stato un secondo padre. “Abbiamo preso il migliore”, mi dissero i fratelli di Mario quando a fine 2009 decisero che c’era bisogno di un pitbull come Raiola al loro fianco. Le liti di Balo con Mou sono ormai parte della storia. E Mino? Non abbassava la testa neppure di fronte allo Special One. “Non sai quante ne deve sopportare Mario”, confidava rassicurando però sulla forza del suo… ragazzo. E poi in pubblico giù bordate: “Mourinho non lo deve educare, ma allenare”. Ricordo anche le telefonate dopo il calcione di Totti nella finale di Coppa Italia del 5 maggio 2010. “Mario non ha fatto nulla. E’ lui la vittima, scrivilo”.

Addio a Mino Raiola, le reazioni sui social

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Addio a Mino Raiola, le reazioni sui social

Aiuto su Gigio e Pogba

Avere una sua intervista con il passare gli anni era diventato complicato, perché aveva decine di affari sempre in piedi e giornalisti di mezzo mondo che lo cercavano, ma agli amici rispondeva spesso. Addirittura sempre quando intravedeva un possibile vantaggio: “Pogba non è ancora dello United”, “Niente neppure oggi”, “E’ fatta? No” la sequenza dei messaggi nel luglio-agosto 2016, prima del “Ora puoi scriverlo”. Dieci mesi più tardi, poco convinto dalla solidità della nuova proprietà cinese, non voleva far rinnovare Donnarumma con il Milan. “Sei certo che vadano avanti a lungo?”, domandava via sms. Gigio decise di firmare e lui si adeguò. La prima volta, la seconda no. E lo ha portato a Parigi a parametro zero. “Vuoi sapere che penso della Fifa?”, iniziò una volta. Furono tuoni e fulmini. Raccontava di non dire mai “No” in una trattativa perché dal “No” non si può tornare indietro. In realtà di no ne ha detti tanti. Sempre per il bene dei suoi assistiti. Ci mancherai, Mino.

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