Milan, un pari col Porto che serve a poco. Ma non è ancora finita

I rossoneri non riescono a superare i portoghesi nemmeno nella gara di ritorno, però sono tenuti in vita da alcuni possibili incastri. A patto di vincere le ultime due. Vantaggio biancoblù con Luis Diaz, poi autogol di Mbemba

Soltanto un crudele prolungamento dell’agonia o un motivo concreto per crederci ancora in qualche modo? Il dibattito è aperto perché questo pareggio col Porto è un risultato dalla lingua biforcuta: da un lato – con la vittoria del Liverpool sull’Atletico – l’aritmetica si diverte ancora a stuzzicare le ambizioni rossonere, raccontando che il traguardo non è sfumato del tutto. Dall’altro la logica e la razionalità inviterebbero a prendere coscienza del coefficiente di difficoltà in questa impresa: lancetta a fondo scala. Ad ogni modo il campo ha sentenziato che il Milan è incredibilmente ancora in gioco con un solo punto in classifica. Ma per compiere il miracolo occorrerà vincere obbligatoriamente le ultime due e allo stesso tempo sperare in risultati favorevoli sugli altri campi.

MISSIONE FALLITA

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Così come al Dragao, questo avrebbe dovuto essere il match da vincere a tutti i costi per rimettersi davvero in pista. Missione fallita. E, così come a Porto, l’arbitro ha pesato sul risultato della sfida: sul gol biancoblù di Luis Diaz grava come un macigno un fallo di Grujic su Bennacer non ravvisato dal francese Turpin. Detto doverosamente questo, va però anche riconosciuto che il Milan si è scontrato con la durissima realtà di un girone proibitivo, dove il Porto, che teoricamente doveva essere l’avversario con cui raggranellare punti, si è rivelato una bestia quasi indomabile. Stavolta il blackout non è stato totale come in Portogallo ed è durato “solo” un tempo, ma a questi livelli giocare 45 minuti non è sufficiente per mettere le mani sui tre punti. I biancoblù sono passati in vantaggio all’alba del match con Luis Diaz e sono stati raggiunti da un autogol di Mbemba nella ripresa.

Le scelte

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Le riflessioni di Pioli sulla gestione delle forze in vista del derby di domenica hanno prodotto quattro cambi rispetto alla vittoria di Roma: Romagnoli per Kjaer, Tonali per Kessie, Diaz per Krunic e Giroud per Ibra. Particolarmente importante il rientro di Brahim a un mese dall’ultima apparizione. Conceiçao ha confermato non solo il consueto 4-4-2, ma in larga parte la formazione della gara di andata, soprattutto in fase offensiva. Ovvero Taremi al centro dell’attacco con Evanilson a supporto e Luis Diaz – autore del gol vittoria al Dragao – largo a sinistra. Nel riscaldamento si è però fermato Uribe rilevato in mediana da Grujic. Ripercorrendo la partita d’andata pareva una buona notizia per il Milan, ma in realtà il centrocampista serbo si è calato subito nella sfida, piazzandosi sul centrosinistra e appoggiando egregiamente Luis Diaz. Strapotere allo stato puro, il numero 7 colombiano. Tecnica, esplosività e una velocità doppia rispetto ai rossoneri che hanno provato a fermarlo, a partire dal povero Calabria, infilato ovunque e costantemente. Diaz peraltro è stato solo la punta di un iceberg portoghese che nei primi 45 è piombato contro la chiglia rossonera, aprendo falle ovunque. Un triste sequel, anzi un vero e proprio remake dell’andata, con un Milan incapace di uscire dalla prima pressione avversaria, feroce e ben gestita, e altrettanto incapace di trovare spazi le poche volte in cui ci è riuscito. E così Leao non è mai stato armato in profondità, Brahim Diaz ha cercato con scarsi risultati di scrostarsi la ruggine della lunga assenza, mentre Giroud si è ritrovato a combattere una battaglia solitaria. In pratica gli uomini di Pioli hanno trascorso il tempo quasi esclusivamente a cercare di capire come disinnescare il Porto, e non come provare a fargli male. Impossibilitati a costruire dal basso e a palleggiare, in perenne apprensione ogni volta che i biancoblù si affacciavano nei pressi dell’area.

Doccia fredda

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Parecchie le armi a disposizione di Conceiçao: nessuna stella di prima grandezza, ma tanti validi coristi. Luis Diaz da una parte e Otavio dall’altra sono state spine costantemente infilate nei fianchi del Diavolo, Evanilson ha spaziato efficacemente su tutto il fronte d’attacco, Taremi si è confermato intelligente gestore delle trame offensive. Tutte difficoltà a cui il Milan è felicemente disabituato. Il gol di Luis Diaz peraltro è stato una doccia ghiacciata, arrivata dopo soli sei minuti e viziata dalla svista arbitrale. Un gol che ha spedito sottoterra entusiasmo ed energie mentali del Milan e agevolato la pressione portoghese. Occasioni in serie: Otavio alto al 10’, Tatarusanu si è superato su Grujic al 17’ e poi su Taremi al 25’. Per il Milan un unico squillo: delizioso sinistro a giro di Giroud che Diogo Costa ha smanacciato via dall’incrocio. La ripresa è iniziata con Kalulu al posto di Calabria, uscito intontito da un contrasto, ma è iniziata soprattutto con un altro approccio da parte dei rossoneri. Più coraggioso, più determinato, con il Porto che ha perso metro su metro col passare del tempo. Dopo dieci minuti la buona sorte ha assistito il Diavolo – traversa di Evanilson – e al 16’ gli ha permesso di agguantare il pareggio: punizione di Bennacer, girata in acrobazia di Giroud respinta non impeccabilmente da Diogo Costa e sinistro di Kalulu in area piccola deviato da Mbemba nella sua porta. La fortuna bisogna anche sapersela cercare. San Siro ha ripreso colore, i rossoneri anche. Ad accendersi in particolare Leao, sebbene il Porto sia comunque rimasto in grado di creare allarmi seri (Taremi fuori di poco al 26’). A un quarto d’ora dalla fine dentro Ibra per Giroud e l’impatto si è fatto sentire. Zlatan prima non è arrivato per un soffio su un suggerimento di Leao e poi si è visto annullare un gol per un fuorigioco di Hernandez. Situazioni che hanno spaventato il Porto, molto più prudente nell’atteggiamento con la palla fra i piedi. Prudenza che alla fine ha pagato: la diga ha retto e al Milan adesso non resta che un’ultima mano aggrappata alla scialuppa.

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