Forse è il caso di prendere una gran bella decisione. Parliamo del Milan di Paulo Fonseca visto ieri sera a Leverkusen. Due tempi, due squadre, due piani-partita, due rendimenti diversi: se si difendono i rossoneri mostrano qualche fragilità di troppo specie dinanzi alla velocità del Bayer e a quei cambi di campo che fecero la fortuna di Simone Inzaghi nei derby al cospetto di Stefano Pioli. Se invece mollano gli ormeggi, come nella seconda frazione alla BayArena, beh allora la musica è diversa e anche la produzione offensiva assume dimensione pericolosa per lo stesso Bayer che non riesce ad alzare una trincea dinanzi alle scorribande di Leao e soci. È un po’ quello che accadde sotto i nostri occhi nella sfida con la Lazio, all’Olimpico, nella serata del cooling break. Dapprima il Milan rimase con le cinture allacciate, poi venne raggiunto e sorpassato prima di liberare il prato dell’Olimpico alla sgasata di Abraham e Leao conclusa con il 2-2 finale. Si può capire lo studio degli ultimi giorni, la scelta del tecnico portoghese di preferire lo stesso quartetto uscito in ottimo stato di stima e fiducia dal derby vinto e dalla sfida con il Lecce e sapendo che la sfida ha una lunga durata immagina che ci sia poi il tempo per riparare a eventuali sbreghi ritrovati nel tessuto difensivo dove pure Maignan esercita il solito ruolo di attento protettore. Ma da qui alle prossime tappe del cammino milanista l’incertezza tra una strategia e l’altra può indurre il Milan a non sentirsi né carne e nemmeno pesce.
Perché si sa che il meglio del talento è sistemato in quella zona della squadra dove oltre a Reijnders si può puntare sulle serpentine di Pulisic e sull’applicazione di Leao, con il sostegno di Theo. La mancata citazione di Abraham (poi Morata) non è una distrazione ma l’occasione per svolgere un giudizio completo sull’inglese che ha davanti a sé tanti margini di miglioramento e in particolare nel prendere la mira e nell’inquadrare la porta. Capitò anche al primo Ibra quando sbarcò dall’Olanda in quel di Torino. In quella circostanza Fabio Capello affidò quello spilungone che non prendeva mai la porta alle cure di Italo Galbiati, strepitoso collaboratore tecnico, il quale s’incaricò di cambiare la postura nel calciare allo svedese. E i risultati vennero nel giro di qualche mese. L’obiezione di fondo è scontata: ma non sarà meglio imparare a difendere meglio? La risposta è nelle caratteristiche migliori di questo Milan indovinate da Fonseca fin dal giorno del suo arrivo a Milanello quando parlò di “calcio dominante”. Il vero rischio è un altro: e cioè se aspetti prima lo schiaffo del rivale per poi reagire non sempre puoi trovare il varco giusto esponendoti inevitabilmente a qualche feroce ripartenza. Come puntualmente accaduto ieri sera a Leverkusen dove alla fine si può trarre un giudizio conclusivo. Può non avere fortuna una volta, come ieri sera dopo quel secondo tempo pieno di calcio ben giocato, ma poi alla fine il talento sarà premiato. Amaro è il bilancio dei primi 180 minuti, resta da scoprire le prossime tappe.
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