Milan, Maldini: “Theo Hernandez? Mi batterà, nessuno fa quello che fa lui”

Il direttore tecnico del Milan Paolo Maldini ha speso parole importanti in favore di Theo Hernandez ai microfoni di Milan Tv: “Quello che fa lui non lo fa nessun altro, vede la porta come pochi nel suo ruolo”.

Maldini: “Hernandez ha rivisto l’idea moderna del terzino”

Dichiarazioni importanti, che arrivano da chi in quel ruolo ha dettato legge per un ventennio: “Se Theo giocasse un terzo delle partite che ho fatto io nel Milan, mi batterebbe nel numero di gol: questo è chiarissimo; io non sono mai stato un bomber – sono le parole a Milan Tv -. Se mi dovesse superare ne sarei contento, perché godrei di questi gol“. Maldini ha segnato 33 gol nella sua ultraventennale carriera rossonera, mentre l’esterno transalpino è già a 22: “Theo è un terzino molto particolare: è un terzino assolutamente, ma quello che fa lui non lo fa nessun altro, soprattutto per la sua capacità di finalizzazione, di assist e di venire dentro il campo. Lui ha un po’ rivisto l’idea moderna del terzino. Soprattutto il primo anno sembrava aspettasse il 70esimo per fare queste volate che hanno qualcosa di incredibile, soprattutto se si pensa che la finalizzazione o l’assist vengono dopo 70 metri di corsa con la palla al piede”.

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Maldini: le parole su Kakà, Shevchenko e Weah

Maldini ha parlato anche di alcuni suoi ex compagni esperti dribblatori che hanno fatto la storia in rossonero: Kakà nella profondità e nel dribbling era un campione: ci ha risolto tante partite e l’ha fatto in maniera spettacolare. Devo dire che l’ha fatto molto spesso in partite importanti”. Shevchenkonon aveva un dribbling secco, ma muoveva molto bene il corpo; per un difensore come me, i giocatori rapidi ma prevedibili potevano essere più facili da affrontare, ma quei calciatori sinuosi, che si muovevano in maniera più dinoccolata, ti mettevano più in difficoltà”. La forza e l’eleganza di George Weah: “Aveva questa morbidezza nel dribbling che ti metteva fuori causa: aveva dei dribbling… non so dove li trovasse, erano solamente suoi. Probabilmente derivavano dal fatto di aver cominciato in campi molto brutti e quindi sapeva sfruttare ogni rimbalzo strano del pallone”.

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