Milan-Inter, il grande sogno della fortezza d’Europa

Verrebbe da concludere che il calcio italiano è talmente forte, talmente avanti, che due squadre di rincalzo bastano e avanzano per giocarsi in famiglia una semifinale di Champions (e una di loro sicuramente sarà in finale, magari pure capace di alzare il trofeo). Verrebbe da concludere che Milano è talmente forte, talmente avanti, nell’organizzazione del calcio di alto livello, che come inevitabile conseguenza manda tutte e due le sue squadre in semifinale di Champions (una sicuramente in finale, e chissà magari pure ad alzare il trofeo). Verrebbe da pensare che Simone Inzaghi e Pioli sono allenatori talmente fenomenali da finire naturalmente in semifinale di Champions, uno dei due sicuramente in finale, e chissà magari pure capace di vincere.

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Luci a San Siro

Diciamolo: questo derby da Luci a San Siro, come usava una volta, indurrebbe alle più ottimistiche conclusioni anche gli analisti più rigorosi. Peccato che il semplice dato oggettivo rappresenti in realtà un paradosso acrobatico, perché due squadre italiane, due squadre milanesi, in semifinale non corrispondono per niente alle deduzioni più logiche. Ricapitolando, ripartendo dall’inizio. Verrebbe da concludere che il calcio italiano è talmente forte, talmente avanti, che due squadre di rincalzo bastano e avanzano per giocarsi in famiglia una semifinale di Champions, ma purtroppo non è così: il calcio italiano, senza stranieri, è quello espresso dalla Nazionale, e non c’è molto da aggiungere. Verrebbe da concludere che Milano è talmente forte, talmente avanti, nell’organizzazione del calcio di alto livello, che come inevitabile conseguenza manda entrambe le sue squadre in semifinale di Champions, ma tutti sappiamo che non è così: in realtà, il calcio milanese ha seri problemi, di bilancio e di proprietà, ma prima ancora di rendimento in campionato, come dimostra la classifica in bilico fino alla fine, con incubi sinistri ad agitare da mesi le prospettive di piazzamento finale. E con quel Napoli in lontananza là davanti, a centocinquanta punti di distanza. Verrebbe da pensare che Simone Inzaghi e Pioli sono allenatori talmente fenomenali da finire naturalmente in semifinale di Champions, ma anche in questo caso non è esattamente così: entrambi arrivano a maggio con la lingua di fuori, più Inzaghi di Pioli, continuamente in bilico, un giorno geni e un giorno impediti, comunque senza alcuna certezza di sedere sulla stessa panchina anche l’anno prossimo, anzi affidando proprio a questa semifinale la gran parte delle chanche di conferma e le opposte eventualità di un signorile calcio nel didietro.

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Splendido miracolo

E allora tiriamo l’unica conclusione possibile, l’unica vera: Milan-Inter semifinale di Champions resta a pieno titolo uno splendido miracolo a cui non dobbiamo cercare spiegazioni tanto logiche. Gli invidiosi di altri luoghi e di altre scuderie potrebbero persino dire che le due milanesi si trovano lì solo grazie alla congiunzione astrale di turni eliminatori favorevoli, ma sinceramente non serve essere interisti e milanisti per respingere la bassa insinuazione: sarà pur vero che City-Bayern presenta coefficiente di difficoltà un po’ più pesante di Inter-Benfica (esempio), ma resta ugualmente vero che a un certo punto andare avanti significa battere comunque avversari di livello. Sai che c’è? Conviene accantonare la logica e il ragionamento, buttando a mare tutti i tecnicismi, per accettare la scombinata creatività del destino, che con i suoi modi più insondabili ci ha apparecchiato questo gran galà. A semifinale italiana non si guarda in bocca. La prendiamo e ce la godiamo, così come ce l’hanno data, così come è arrivata. La sua bellezza e la sua grandezza, in definitiva, stanno proprio nel paradosso: due squadre che in Serie A – certo non il campionato più combattuto e spietato quest’anno – hanno zoppicato, improvvisamente dettano legge in Europa. E amen. Caso mai, se non lo vivessimo come un semplice fatto milanese, di natura quasi local, ma anzi come un prestigioso happening per l’intera collettività italiana, al netto dei suoi provincialismi e dei suoi campanilismi, dimostreremmo tutti quanti di avere raggiunto davvero un livello da semifinale europea. Come Paese, come calcio nel suo complesso. Ma su questo, sinceramente, non c’è molto da scommettere.


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