Milan, impresa in casa di Simeone: Messias tiene vivo il sogno ottavi

Un gol del brasiliano nel finale mantiene vive le speranze dei rossoneri. All’ultima partita occorrerà però battere il Liverpool e sperare nell’incastro giusto tra Porto e spagnoli

La strada resta in salita, salitissima, ma quanto è bello e gratificante poter accarezzare il sogno fino all’ultimo atto. Il Milan che non muore mai compie l’impresa riuscendo a fare l’unica cosa che lo avrebbe tenuto in vita in Europa: vincere il primo dei due incroci in cui i tre punti erano obbligatori. Questo 1-0 che ammutolisce la Madrid biancorossa è un inno alle storie belle del calcio – gol vittoria di Messias, che fino a sei anni fa giocava fra i dilettanti – e uno schiaffo agli infortuni e al k.o. di Firenze, che i più frettolosi avevano bollato come l’inizio di una possibile crisi. Pioli stavolta mette sotto l’Atletico fino al fischio finale e conquista il suo primo successo da allenatore in Champions. Ma soprattutto conquista l’autorizzazione a sperare ancora negli ottavi. Pareva un pensiero impossibile da osare.

Proiezioni pratiche? Occorrerà battere anche il Liverpool all’ultimo round e sperare in un pareggio fra Porto e Atletico, oppure in una vittoria dell’Atletico ma nell’ambito di una differenza reti complessiva che risulti peggiori di quella rossonera. Per come si era messa, è un mezzo successo già poterci provare in una serata che, senza i tre punti, avrebbe estromesso il Diavolo in un colpo solo non soltanto dalla Champions, ma anche dall’Europa League. Soprattutto, i rossoneri hanno dimostrato di poter dire in qualche modo la loro anche nel “girone della morte”.

Le scelte

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Pioli, obbligato a ragionare anche (e soprattutto) in chiave campionato, in attacco ha optato per la prudenza. Ovvero fuori Ibra e Leao, i migliori a Firenze, e dentro Giroud e Krunic, con il bosniaco dietro Olivier e Diaz allargato a sinistra. Mediana consegnata a Kessie e Tonali, sempre Kalulu al posto di Calabria e Romagnoli in coppia con Kjaer per medicare al meglio l’assenza di Tomori. Simeone davanti si è affidato a Griezmann, riabilitato dal giudice sportivo, e Suarez, ovvero i giustizieri del Milan a San Siro (assieme all’arbitro Cakir). In difesa debutto stagionale in coppa per Savic dopo la lunga squalifica. Come all’andata, i rossoneri si sono confermati a proprio agio di fronte all’Atletico e non hanno avuto particolari problemi a riversarsi nella metà campo spagnola. Un atteggiamento convincente, l’unico possibile visto l’obbligo di vittoria, ma non per questo scontato. Per buona parte del primo tempo la partita l’ha fatta il Milan, aggressivo soprattutto a sinistra con il fischiatissimo ex nemico “blanco” Hernandez e con gli incroci di Diaz e Krunic. La notizia migliore è arrivata da Brahim, di nuovo su livelli decisamente apprezzabili dopo la fase opaca post Covid. L’approccio rossonero, molto coraggioso, ha indotto l’Atletico a chiudersi e ad affidarsi quasi esclusivamente alle ripartenze. Pericoli arrivati dalle fasce: Llorente a destra e soprattutto Carrasco a sinistra hanno trovato più di una volta lo spunto per infilarsi e seminare un discreto panico. Ma a dettare legge sono state per lo più le difese. Il Milan è sempre riuscito a trovare l’organizzazione corretta dentro l’area, l’Atletico non ha permesso al Diavolo di avvicinarsi più di tanto a Oblak. A farne le spese sono quindi state le punte: nei primi 45 non pervenuti Giroud, Griezmann e Suarez, avulsi dal gioco. Un andazzo che non è cambiato nemmeno quando intorno alla mezzora Simeone ha ordinato ai suoi di aggredire più alti, cosa che ha messo in difficoltà il Milan più nella gestione complessiva che per pericoli reali. Partita decisamente noiosa, peraltro. Sul taccuino soltanto un miracolo di Tatarusanu su De Paul (in fuorigioco, però) e uno spumeggiante slalom di Diaz concluso con un destro strozzato. Fine delle emozioni.

Giroud infortunato

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La ripresa è iniziata con qualche bollicina in più da parte dei padroni di casa. Un destro di Lemar parato da Tatarusanu, uno spunto pregiato di Griezmann, ma la pressione feroce dell’Atletico è durata non più di cinque minuti. Poi è tornato fuori il Milan (Kjaer alto di testa) e al 20’ Pioli ha provveduto a un quadruplice cambio: Florenzi per Kalulu, Bakayoko per Tonali, Messias per Krunic e Ibra per Giroud. Una staffetta, quest’ultima, già prevista ma accelerata da un problema muscolare per il francese, uscito dolorante. L’ennesimo guaio in casa rossonera. La prima sliding door delle speranze rossonere si è aperta al minuto numero 27: Messias è sgusciato via a sinistra e ha servito sulla corsa Bakayoko al centro dell’area, ma la conclusione, debole e prevedibile, è stata respinta da Savic. Un’occasione d’oro mal gestita dal francese. Pochi secondi dopo Hernandez ha pasticciato col pallone tutto solo a pochi metri da Oblak. Un’altra chance gettata al macero ma, allo stesso tempo, un segnale chiaro di come il Milan volesse concludere la partita: nell’area spagnola. Il gol è piombato sul Wanda Metropolitano, già silenzioso da tempo, al minuto 42. Azione sviluppata sulla sinistra: Hernandez per Kessie, nell’insolita veste di ala, cross morbido e perfetto per la testa di Messias, saltato (agevolmente) tra Gimenez e Lodi. L’uomo-partita che non ti aspetti e che conferma quante siano le frecce all’arco di Pioli. Il finale è stato convulso, con gli spagnoli alla ricerca furiosa di un pari che non è arrivato (male Cunha nel recupero a pochi passi da Tatarusanu) e di un rigore cercato a cui lo sloveno Vincic non ha abboccato.

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