“Milan come Real, Barça e Bayern”. E Forbes valuta il club 1,2 miliardi

Furlani, portfolio manager di Elliott: “Credo che il segreto sia vincere, ma non a tutti i costi. Stiamo riportando il Milan in alto dopo aver perso terreno, il futuro è interessante”

Una riflessione a tutto tondo sul mondo Milan, che ormai il fondo Elliott conosce alla perfezione. Giorgio Furlani, portfolio manager di Elliott e consigliere d’amministrazione del club rossonero, ha affidato i suoi pensieri alla rivista americana Forbes, specializzata in economia. Spiegando la ricetta che ha riportato il Diavolo al vertice in Italia, fino alla conquista dello scudetto. “Come siamo cresciuti? Si può avere un periodo in cui si perdono soldi perché non ci qualifica alle competizioni europee, per via di campionati nazionali non conclusi positivamente – è la sua analisi – e si può finire in un circolo vizioso, ma è vero anche il contrario. Secondo me il trucco è vincere (o almeno avere un certo grado di successo), ma non a tutti i costi”.

Tra i grandi

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Il lavoro della proprietà americana è stato orientato a riportare il Milan tra i top europei: “Come storia, questo appartiene allo stesso gruppo di Real Madrid, Barcellona o Bayern- continua Furlani -. Il Milan è tra le big europee, ma viene da 8 anni di difficoltà in cui ha perso in rilevanza. Ora stiamo iniziando a colmare quel divario. Siamo in traiettoria per recuperare il ritardo accumulato, il passato è stato difficile ma il futuro è molto interessante e divertente”.

Valore

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Futuro che potrebbe prevedere presto il passaggio di proprietà nelle mani di RedBird, con Elliott comunque pronto a giocare ancora un ruolo: sempre Forbes, a tal proposito, ha stimato il valore del club di via Aldo Rossi in 1,2 miliardi di euro, con una crescita del 115% in un solo anno.

Il percorso

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Furlani ripercorre poi il cammino di Elliott alla guida del Milan: “È stata una specie di casualità – le sue parole -. Abbiamo prestato soldi per la prima volta nel contesto del passaggio di proprietà dalla famiglia Berlusconi, a capo del club per trent’anni con ottimi risultati, a dei signori cinesi. Ci sono poi state delle difficoltà finanziarie e in qualche modo siamo intervenuti per mantenere il club vivo, salvandolo dal fallimento. Il Milan per molti anni non è riuscito a raggiungere la Champions League, che è il torneo in cui tutti vogliono giocare, visto che l’Europa serve anche per sviluppare il brand. Di conseguenza, abbiamo dovuto aggiustare questa situazione, ottenendo un miglioramento delle prestazioni e riducendo i costi. Questi due aspetti, generalmente, non vanno insieme. Abbiamo iniziato a sviluppare il business plan con il Milan, modificando il team dirigenziale e il personale dell’area business, assumendo alcuni membri e poi vari dirigenti di grande talento del mondo dei beni di consumo, intrattenimento, etc.”.

Stadio

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Il chiodo fisso della proprietà Elliott è stata e continua a essere la costruzione di un nuovo stadio: “Vorremo farlo insieme all’Inter. San Siro è uno stadio di grandi ricordi per i tifosi milanisti, incluso me stesso ma stiamo lavorando a un progetto per avere un impianto che sia tra i migliori del calcio europeo. Di mezzo, però, c’è la burocrazia che ci ha creato tante problematiche. Speravo in una città progressista, moderna e lungimirante come Milano, in cui il processo di approvazione sarebbe stato più semplice, ma è stato piuttosto complicato. Abbiamo comunque portato avanti il progetto. Francamente speravo che oggi fosse quasi concluso, ma non lo è. Noi continueremo a spingere e speriamo di consegnare ai tifosi del Milan quello che si meritano, cioè un vero e proprio stadio modello in cui gioca il loro club. D’altronde, il Milan può contare su tantissimi tifosi nel mondo…”.

Brand

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Il fascino del Diavolo all’estero, infatti, può solo crescere dopo la conquista dello scudetto: “Il Milan ha da sempre moltissimi tifosi, è un brand fantastico che ha fan in tutto il mondo – conclude Furlani -. Negli ultimi anni è stato un po’ ‘dormiente’ a causa di performance sotto il livello solito sul piano sportivo. C’era delusione. Questo succede se si vogliono risultati senza avere un business plan e persone che siano in grado di vendere e di far crescere il brand. Così non si va da nessuna parte. C’era, quindi, davvero bisogno di migliorare le prestazioni per accendere di nuovo la passione per il Milan, ma bisognava farlo con una gestione adeguata sul lato commerciale per essere in grado, una volta che le prestazioni sportive fossero migliorate, di tornare un marchio forte. Serve la combinazione di entrambe le cose”.

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