“Mihajlovic? Non ho perso solo un paziente, ma anche un amico”

La dottoressa Francesca Bonifazi ha seguito la malattia di Sinisa al Sant’Orsola di Bologna dal secondo ciclo di chemioterapia in avanti. Dalle sue parole affiora il ricordo di un uomo che non è mai stato un paziente come tutti gli altri: “Ci ha dato il coraggio di andare avanti”

“Non ho perso solo un paziente, ma anche un amico”, racconta la dottoressa Francesca Bonifazi, coetanea di Sinisa Mihajlovic, che ha seguito la malattia del tecnico serbo dal secondo ciclo di chemioterapia in poi ed è stata citata nei ringraziamenti rivolti dai familiari ai sanitari che hanno accompagnato Sinisa nelle sue complesse cure. Direttrice del programma Terapie Cellulari Avanzate dell’Irccs Policlinico di Sant’Orsola di Bologna, la dottoressa Bonifazi ha parlato di Mihajlovic come di “un paziente perfetto, con una grande personalità e al tempo stesso con la capacità di affidarsi totalmente ai medici. Aveva una malattia molto brutta, tra le più aggressive che io abbia mai visto. Il messaggio che ha dato a tutti noi, il suo grande insegnamento, è il coraggio di andare avanti. Il coraggio di non aver paura di affrontare qualcosa che non si conosce, di sapersi affidare, di lottare senza temere il dolore. Ha sofferto molto, ma lo ha fatto con grande dignità. E il coraggio lo prendevamo insieme, ce lo davamo reciprocamente”.

CAMMINO DIFFICILE

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Uno degli aspetti caratteriali di Sinisa che più l’ha colpita è stata la sua “voglia di vivere. Pur di farcela avrebbe affrontato qualsiasi dolore, qualsiasi sofferenza. Non voleva lasciare la sua famiglia, che amava sopra ogni altra cosa. Il calcio era il suo mondo, certo, ma la sua famiglia era il suo ossigeno”. Ma la scomparsa di Mihajlovic deve servire anche da insegnamento per chi sta vivendo percorsi clinici simili: “Io dico sempre che la malattia più brutta è quella che si affronta da soli. Il suo male era cattivo, resistente a tutte le terapie, ai trapianti, però ha avuto attorno una serie di relazioni di affetto per cui non è mai stato solo. In ospedale si è fatto ben volere da tutti, non c’è una sola persona dai medici agli infermieri agli ausiliari al personale tecnico… gli hanno voluto tutti molto bene”. Riconoscendo, poi, il ruolo centrale e decisivo che ha avuto nel corso della malattia la moglie di Sinisa, Arianna.

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