Mihajlovic, la famiglia è la sua squadra più forte

BOLOGNA – «Ci siamo innamorati subito, ci siamo guardati e non ci siamo staccati più». Se la forza dell’amore bastasse a cancellare il male e il dolore, dovremmo prendere la storia tra Sinisa Mihajlovic e Arianna Rapaccioni e diffonderla in questo benedetto mondo. C’è davvero tanto amore dietro questo dolore. Più forte che mai in queste ultime ore, così difficili e strazianti. Arianna non si è mai tirata indietro, è sempre rimasta al fianco di Sinisa. Lo aveva fatto sempre, nella buona e nella cattiva sorte. Il giorno che Mihajlovic aveva annunciato al mondo la sua malattia in una conferenza stampa: seduta in prima fila, a dargli la forza, c’era lei. E così aveva fatto dopo: andando in pellegrinaggio fino a San Luca per pregare; entrando e uscendo dall’ospedale Sant’Orsola; restando sveglia nelle lunghe notti di apprensione. E quando era stato dimesso la prima volta dall’ospedale di Bologna, a novembre 2019, dopo il terzo ciclo di cure, un’immagine era entrata dentro di noi: la foto che Arianna aveva postato su Instagram. Loro due, abbracciati. «Più bella cosa non c’è», c’era scritto.

Sinisa, il duro che si scioglieva davanti ad Arianna e Violante

Tutti

È difficile usare metafore nei momenti bui, ma certo la famiglia per Mihajlovic è stata davvero la squadra più forte. Arianna, romana, la mamma dei loro cinque figli: Viktorija, Virginia, Miroslav, Dusan e Nikolas. A questi si aggiunge anche Marko, nato da una precedente relazione. Forse è vero che Sinisa ha avuto molti più figli e nipoti di quanti possiamo immaginarne; i suoi giocatori, che erano diventati il suo rifugio negli ultimi tempi. Soprattutto quelli che avevano vissuto l’agonia della malattia, e che avevano pianto con lui, che lo avevano visto sofferente. E così, dopo l’annuncio della leucemia, la sua casa era diventata l’Italia, poi il mondo: una famiglia allargata. Lui ha sempre ringraziato, ma è della sua famiglia, quella grande ma ristretta, che Mihajlovic si è sempre preoccupato. A tavola sempre tutti insieme, stessi posti, niente cellulare. «Sono un padre affettuoso, perché so cosa vuol dire avere genitori che non ti abbracciano», aveva raccontato una volta. E infatti Viktorija e Virginia lo hanno sempre descritto come un padre speciale, unico. E andando sempre oltre la retorica. Viktorija lo aveva raccontato in un libro, «Sinisa, mio padre», e lo aveva definito dolce, affettuoso e vero. Virginia gli aveva dato una nipotina, Violante, e tredici mesi fa Mihajlovic aveva scoperto la felicità di essere nonno.

Arianna

La famiglia Mihajlovic ha definito la morte «ingiusta e prematura», ed è davvero così. Il 4 aprile scorso Arianna aveva postato una foto ancora con loro due, stretti e sorridenti: «Come quando torni a casa e posi le chiavi all’ingresso e sorridi perché sai di essere al sicuro». Si erano conosciuti nei gloriosi anni Novanta: lei soubrette a Luna Park, vent’anni, bellissima; lui calciatore di Serie A, campione, faccia da duro. Era il 1995. Il locale si chiamava “L’ultima follia”, ma non c’è più. Sinisa giocava nella Sampdoria, quel giorno era Roma per vedere un amico. «Lui è arrivato – ha sempre scherzato Arianna –, io ho lasciato il programma a metà: mi ha stroncato la carriera». Sinisa e Arianna non erano solo indivisibili, belli, insuperabili, felici; erano anche la faccia vera dell’amore. Dopo che lui era uscito dal tunnel della leucemia la prima volta, i due avevano cominciato a girare tutti i format tv, le trasmissioni, i gala. Nessuna vanità. «Ci vogliamo solo divertire un po’», aveva raccontato Arianna una volta, che addirittura era riuscita a convincere Sinisa a ballare un tango a Ballando con le stelle. A Domenica In era stata Mara Venier a dire tutta la verità: «Siete la coppia più bella del mondo». E Sinisa aveva sorriso, con quel sorriso radioso e aveva detto: «Arianna è sempre più bella».


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