Massimo Mauro: “Diego era il sogno che scendeva in campo. La sua dote? La generosità”

“È stato bellissimo: due anni con Maradona. Dopo Zico a Udine e Platini a Torino, mi sono fatto un regalo. Ho giocato col più forte”

Massimo Mauro, oggi opinionista sportivo in tv e prima da giocatore protagonista con le maglie di Catanzaro, Udinese, Juventus e Napoli, per due stagioni (1989/91) è stato compagno di squadra di Maradona. Ecco il suo ricordo di Diego.

È stato bellissimo! Due anni con Diego a Napoli: uno scudetto ed una Supercoppa italiana. Calcisticamente, dopo Zico a Udine e Platini a Torino, mi sono fatto un regalo. Ho lasciato la Juventus per andare a giocare con il più forte. C’erano grandi italiani: Ferrara, Carnevale, Crippa, De Napoli, Francini, Renica e i brasiliani Careca ed Alemao. Ma Diego era il sogno che scendeva in campo. La dote migliore che aveva Diego non era lo stop o il tiro o il palleggio: era la generosità. Sempre a disposizione dei compagni. Sempre lì, pronto non si nascondeva mai. Da dove spuntasse chi lo sa. Massacrato dai difensori (con le regole di oggi Gentile e tutti i suoi marcatori sarebbero espulsi dopo pochi minuti di partita).

Generoso con tutti

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Che il più forte di sempre fosse generoso e disponibile non era scontato. Nessun compagno aveva pensieri negativi su Diego. Dava tutto nell’amicizia ed in campo. Era leale. Un uomo di parola. Gli piaceva vincere e lo faceva meravigliando tutti: compagni ed avversari. Ed era concreto. Mai un dribbling fine a se stesso. Vincere era l’obiettivo. È riuscito a portare Napoli al primo posto in Italia e in Europa. Per questo in quegli anni, quando Juve, Milan e Inter la facevano da padroni, la città e il sud intero elessero Diego a suo rappresentante non solo calcistico. Fu il simbolo del riscatto sportivo, ma anche sociale. Lo scudetto vinto tra mille difficolta nell’ 89-90 per la vicinanza per tutto il campionato del Milan di Van Basten e Baresi fu la più bella esperienza della mia carriera. Ho solo un senso di colpa nei confronti di Diego: non aver fatto abbastanza per aiutarlo, perché la cocaina certo non era la soluzione dei suoi problemi. Anche un Dio terreno può avere problemi. Era sotto ricatto di se stesso e dell’amore per il calcio. Purtroppo non riusciva a fermarsi e a pensare di più, a intraprendere un programma di disintossicazione. Giocare a calcio in quegli anni lo ha distrutto. Avrebbe dovuto fermarsi e guarire. Il pallone l’ha sconfitto. Per amore della partita, per indossare le scarpe da calcio e giocare, ha trascurato la sua salute ha trascurato i suoi enormi problemi che l’hanno portato alla morte prematura. Sono sicuro che Diego è gia seduto accanto ai grandi della cultura dell’umanita. Le opere di Mozart i dipinti di Van Gogh, i libri di Eco edi gol di Maradona sono opere per sempre. Perché Diego è per sempre.

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