Marchionni: “In B con la Juve? Scelta che rifarei sempre”

Marchionni calciatore grazie alla tenacia di chi parte dal basso ma ha la forza di guardare in alto, osservato da lontano da chi gli ha sempre voluto bene.

Simone Lo Giudice

13 agosto

Cretone, a 10 chilometri da Monterotondo. Marco Marchionni nasce e cresce sognando, come molti ragazzi della sua età, il pallone. Perde il padre molto presto, ma la mamma è una donna di una forza straordinaria. Gestisce una macelleria e riesce a tirare su un ragazzo che trova nelle immagini di suo padre e suo fratello con il pallone sottobraccio la spinta per coltivare una passione. Diventata professione grazie alla tenacia di chi parte dal basso ma ha la forza di guardare in alto, osservato da lontano da chi gli ha sempre voluto bene. Più forte anche della sfortuna, Marchionni, quando nel 2004 la cartilagine del ginocchio non gli dà tregua ma lui riesce comunque a costruirsi una carriera fatta di grandi soddisfazioni. Monterotondo, la culla calcistica. Empoli la “mamma calcistica” che lo alleva. Parma, la sua seconda casa. In mezzo, esperienze indimenticabili come la notte al Bernabeu con la Juvetus riportata in Europa insieme a Del Piero e una delle Fiorentine più belle di sempre. La sua seconda vita è ripartita da Foggia. In attesa di una nuova opportunità.

Una carriera iniziando… guardando in alto partendo dal basso. 

In realtà non sono originario di Monterotondo sono nato a Cretone. Mia madre ha ancora una macelleria a Monterotondo. Le devo molto. Sono partito dal basso guardando in alto, trovando la spinta e nella passione per questo gioco. Mio padre e mio fratello hanno sempre giocato a livello amatoriale. E le prime foto che avevo erano con il pallone in mano. Ho avuto a fortuna di iniziare vicino casa, e da lì è partita la mia carriera. Mia madre è la mia prima tifosa, è molto accanita. Ha sempre assecondato tutte le mie scelte. Ho la fortuna di avere una mamma che ha saputo far crescere quattro figli. La sua fiducia è stata ripagata. La mamma calcistica è stata Monterotondo, poi Empoli la società che mi ha aiutato a mettermi in mostra e ha creduto davvero in me a livello professionistico.

Esperienza da allenatore. Come hai cominciato a seguire il percorso?

Breve, per, ora. Tutto è iniziato quando giocavo. Quando vedi il termine della carriera si prova a pensare cosa si potrebbe fare. Io non mi vedevo lontano dal campo. Non pensavo a fare il dirigente, non credo di averne neanche le capacità per esserlo. Mi sento a mio agio in campo e l’unico modo per restarci era allenare. E dunque ho cominciato con Baldini, come secondo per due anni alla Carrarese. Nell’ultimo anno sono stato tormentato dagli infortuni. Il mister mi ha consigliato di smettere e di iniziare un nuovo percorso e di farlo insieme. Ho accettato e da lì è cominciato tutto”.

Baldini è una sorta di padre calcistico?

“Una figura molto importante, l’ho avuto all’Empoli, mi ha cambiato ruolo e per me è stata una persona molto importante. Sono molto legato anche a Prandelli. Non ho un aggettivo per definire la mia idea di calcio. Occorre valutarlo e viverlo al momento, adattarsi ai giocatori. Un bravo allenatore deve saper capire la situazione e amalgamarsi. Non si può avere solo una idea da portare sino in fondo, perché se non trovi giocatori adatti, fai danno a te stesso e ai calciatori che vanno aiutati e messi nelle migliori delle condizioni per esprimersi.

L’esperienza a Foggia. Quanto è stata formativa?

Non ero mai stato a Foggia. Ho trovato un ambiente calorosa, ci tengono molto, è una piazza stimolante, dove il calcio si vive a 360 gradi. L’anno di Foggia mi ha lasciato tanto. Ho incontrato persone che mi hanno aiutato molto, soprattutto chi ha lavorato dietro le quinte è stato fondamentale. I giocatori sono gli attori principali, ma senza l’aiuto di chi hai intorno e complicato. La proprietà ha fatto delle scelte, se una città vuole puntare su un allenatore piuttosto che un altro è giusto che le faccia. Zeman è un nome importante per una piazza come Foggia”.

Parma, una tappa, anzi due. Che ricordi hanno lasciato?

Ho vissuto due momenti diversi ma altrettanto importanti. Per me è una seconda casa. Si vive benissimo. Ci sono arrivato da ragazzo, mi hanno portato in serie A con Cannavaro, Frey, Almeyda. Tantissimi giocatori importanti. Nel secondo periodo sono tornato da giocatore affermato e mi sono divertito molto. Ero consapevole delle mie possibilità, ho trovato Donadoni. A Parma c’è un un ambiente molto rispettoso. Il crac della Parmalat ha infuito ma i tifosi ci hanno sostenuto ugualmente. Ricordo le persone anziane che ci incitavano. In quella città il calcio si vive tutto in modo molto equilibrato.

SLIDING DOORS

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Anche nel calcio esistono le sliding doors. Le porte girevoli risalgono al 2006…

Il rapporto con la maglia azzurra è particolare. L’ho vissuta davvero poco. L’esperienza più bella è legata al debutto in Polonia con il Trap insieme ad Antonio Cassano. In quel gruppo c’era Vieri, Del Piero, Zanetti. Per me è stato un bel salto e una gratificazione che avevo fatto. La pre convocazione  per i mondiali è stato comunque un qualcosa di significativo. Ho fatto comunque parte di un gruppo che poi è stato capace di vincere il Mondiale. Se ci penso il 2006 è stato davvero un anno un po’ particolare. Avevo firmato con la Juve. Avrei far potuto decadere il contratto, dopo quanto accaduto, ma ho pensato che anche in B comunque era sempre la Juve. E ho deciso di rimanere senza mai pentirmene. Indossare quella maglia è importante.

Da Rimini al Bernabeu. Una cavalcata dalla B alla Champions. Che ricordi hai?

Non fu facile. Partivamo  da -17 e con un pareggio a Rimini. Deschamps aveva smesso da poco di giocare. Il primo obiettivo che ci siamo posti è stato quello di  far sparire i punti di penalizzazione. Non era facile, specialmente all’inizio anche perché più vincevi più si restava in fondo e si vedevano gli altri andare via. Comunque non abbiamo mollato. Quella squadra ha totalizzato una novantina di punti sfiorando i 100. Aveva una qualità ma anche una mentalità straordinaria. Ho conosciuto nella quotidianità Buffon, Del Piero, Nedved e Trezeguet. Quando li vivi tutti i giorni percepisci la loro grandezza.

Il ritorno in A, l’arrivo di Ranieri, il ritorno nell’Europa che conta. La doppia vittoria con il Real. Quante emozioni

Ranieri ci ha saputo trasmettere l’idea di cosa sia importante per un gruppo. Una persona trasparente, che mette tutti sullo stesso piano per centrare l’obiettivo. Si lavora molto bene. Ricordo che al Bernabeu Alex è stato applaudito da tutto lo stadio. Abbiamo battuto il Real sia all’andata che al ritorno. E poi c’era Giorgio. Con Chiellini ho un ottimo rapporto, siamo rimasti in contatto. Lui è come si vede. Una persona forte, che mette tutto se stesso per raggiungere gli obiettivi di squadra. Era impossibile saltarlo, e anche se lo superi te lo ritrovi di nuovo alle calcagna.

Dalla Juve di ieri alla Juve di oggi, come vedi il ritorno di Allegri?

Vediamo quello che succederà. Lo scorso anno non è andata bene, il club ha fatto una scelta finalizzata a migliorare. Andrea forse meritava una seconda chance, è un ottimo allenatore, ha solo bisogno di tempo era alla sua prima esperienza. Sappiamo tutti cosa ha fatto Allegri alla Juve, deve confermare ciò che ha fatto.

Si potrebbe ricreare il dualismo Juve – Inter. I nerazzurri appaiono in difficoltà. Chi parte davanti?

Davanti c’è di solito sempre chi ha vinto l’anno prima. L’Inter ha cambiato tanto, sta ancora cambiando, è ancora presto per giudicare. La Juventus si è data una impostazione precisa. L’Inter ha preso un allenatore che alla Lazio ha fatto bene, ma quella di Conte ha generato tanto entusiasmo. E poi ci sono tanti calciatori che sono andati via. Forse ci sarà qualche difficoltà ma Simone Inzaghi è un ottimo allenatore e sono certo che farà una grande stagione”.

Fra i ricordi più belli, gli anni di Firenze. Una Fiorentina fra le più belle degli ultimi anni?

Credo che sia stata una delle migliori annate. Abbiamo giocato una Champions molto bella, siamo passati per primi nel girone. In campo la squadra girava bene, a memoria. Era bella da vedere, se la giocava contro qualsiasi squadra e su ogni campo. Siamo stati sfortunati con il Bayern Monaco, non siamo riusciti a tesaurizzare il 3-2 per passare il turno. Quella Fiorentina però se la ricordano in tanti.

Il Prandelli bis ti ha sorpreso?

Non mi sono fatto una idea precisa perché alcune situazioni occorre viverle. Senza starci dentro è complicato. Comunque è stato un dispiacere. Cesare è uno dei migliori allenatori, sa come fare giocare le proprie squadre. Si tratta di un allenatore importante, vedere quella situazione mi è dispiaciuto. Ho pensato di giocare all’Europeo, ma ci sta l’idea di non prendermi in considerazione avevo anche una certa età.

A fine carriera, Latina. Una sorta di ritorno a casa?

Mi è sembrato un po’ strano, ero abituato sempre a stare lontano da casa. Si era creata una situazione che ho accettato ma gli infortuni non mi hanno permesso di giocare molto. Purtroppo questi inconvenienti fanno parte del gioco, ne ho avuto un po’. Lo dico sempre ai miei ragazzi. Occorre vivere questi momenti  con la giusta  serenità e curarsi bene sin da subito altrimenti rischi di generare altre problematiche. Però ho anche detto che se una persona è forte ne esce.

Tante squadre, tanti compagni e altrettanti avversari. Quale è stato il compagno che ti ha impressionato di più? E quale l’avversario?

Il giocatore più forte che ho visto è stato Di Natale. Riusciva a fare delle cose incredibili con naturalezza. Giocando da esterno mi sono ritrovato un paio di volte un certo Paolo Maldini come avversario. Non era esattamente facile da affrontare…

Non solo calcio. Marchionni ha anche degli  hobby? E quali sono i progetti per il futuro?

Quando voglio staccare dal calcio amo pescare. Un hobby che mi permette di staccare completamente, rilassarmi.A volte partiamo con degli amici e si passa qualche giorno insieme. La pesca è particolare. Si esercita la pazienza attraverso la tranquillità. Per quanto riguarda il mio percorso da allenatore, quando l’ho iniziato mi sono posto l’obiettivo di allenare. Sogno di arrivare al massimo possibile”.

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