Manuel Locatelli: “Io e Donnarumma per i prossimi dieci anni al Milan”

MILANO – Il Milan dei giovani va che è una bellezza e Manuel Locatelli ha le idee chiare per il futuro. Il centrocampista rossonero, appena convocato dal ct della Nazionale Ventura, giura fedeltà al Milan in una intervista esclusiva rilasciata a Marco Pasotto per La Gazzetta dello Sport.

Locatelli, come si fa a restare aderenti alla realtà?

«Grazie alla famiglia. Sono loro a farmi restare umile. Mio papà lavora in banca, mia mamma è casalinga, una figura fondamentale. Mio fratello gioca a Inveruno, in D. Da piccoli eravamo inseparabili, in oratorio se non ero in squadra con lui non giocavo. E poi c’è mia sorella, che è laureata in russo. Mi manda messaggi così belli che mi fanno piangere. E mi ripete sempre di stare coi piedi per terra».

E’ difficile, vero?

«Le dirò, io mi sento ancora come i ragazzi della mia generazione di Galbiate, il paese in cui sono cresciuto. Se alla mia età iniziassi a pensare a soldi e ingaggi non andrei da nessuna parte».

Sono i suggerimenti che dà ai ragazzi più giovani con cui è in convitto?

«Ma certo. Mi chiedono foto e consigli. Dico sempre che se uno è forte, prima o poi l’occasione arriverà. Il convitto è in una posizione fantastica perché ha la vista su San Siro. E quindi a loro basta affacciarsi per guardare il posto in cui un giorno potrebbero arrivare. Perché San Siro è lo stadio dei sogni».

Nel suo caso è uno stadio assolutamente reale.

«Quando entro al Meazza ancora non realizzo bene quel che sta succedendo. Durante il viaggio, se mi sento agitato, mi calmo pensando alla mia famiglia, a quando giocavo al parco con mio fratello. Magari mi riguardo qualche foto».

Ma non sarebbe ora che lei lasciasse il convitto? Non la attira una casa tutta per lei?

«A dire il vero là ci sto proprio bene. Con i tutor ho un ottimo rapporto, sono in una camera singola, ci sono tutti gli altri ragazzi. Diciamo che… appena mi sveglio con la patente magari faccio il grande salto (sorriso imbarazzato, ndr). Eh sì, non l’ho ancora presa, su questo mi sono un po’ impigrito».

L’importante è che non succeda in campo. In cosa deve migliorare maggiormente?

«Fisicamente, e nella gestione della palla. In Primavera è più facile, in prima squadra è tutta un’altra cosa. Il mio obiettivo è dimostrare che in questo Milan ci posso stare».

Se lei fosse l’allenatore di se stesso, avrebbe avuto lo stesso coraggio di Montella?

«Lui ha visto che “andavo” in allenamento. Lo dico senza essere presuntuoso: la scommessa l’avrei fatta anch’io. E comunque la sua gestione è stata oculata. Prima mi ha fatto entrare un po’ di volte dalla panchina, poi l’infortunio di Montolivo ha accelerato il processo. Ma è stata una gradualità importante».

Quando lei entrava a gara in corso, Montolivo doveva spostarsi di posizione: non si sentiva un po’ in imbarazzo?

«No perché erano semplici dinamiche di gioco. E poi non sono tipo da timori reverenziali. Riccardo è una guida, un esempio, uno dei miei modelli, come Pirlo».

E’ una parola. A Galliani nel pensare a lei è scappato il nome di Rivera, mentre Berlusconi l’ha definita il nuovo Pirlo.

«Accostamenti bellissimi. Berlusconi mi ha stupito molto. Quando ero ancora in Primavera si fermò da me e mi disse: “Mi hanno raccontato che sei molto forte…”. All’inizio era tutto un sogno, ma ora che sto iniziando a realizzare quel che accade, so anche di aver commesso degli errori. Con la Juve, per esempio. Tutti hanno parlato del mio gol, ma ho perso qualche brutto pallone. Sono cose che mi vado a rivedere per capire dove ho sbagliato».

Ventura l’ha appena chiamato per il prossimo stage.

«Sono felice, ma facciamo un passo alla volta. Sto giocando con l’Under 19 e va benissimo così. Da Ventura non mi aspetto nulla, penso al presente e a restare coi piedi per terra».

Lei è nato l’8 gennaio 1998. Lo sa che è lo stesso giorno di un Milan-Inter 5-0 di Coppa Italia?

«Confido che sia di buon auspicio. All’Inter ho già fatto un gol, quando ero nei Giovanissimi. Stop di petto e tiro da fuori area».

Chi toglierebbe ai nerazzurri?

«Icardi, perché vede la porta benissimo. Questa Inter è difficile da studiare perché ha cambiato tecnico. Ma la questione in realtà è una sola: la partita dobbiamo farla noi. E Montella è bravissimo a preparare questo tipo di sfide».

Uno degli slogan di questo derby è «Milan italiano contro Inter forestiera». Le piace?

«Il progetto giovani e italiani è molto bello e bisogna dire grazie a Berlusconi e Galliani. Il segreto del nostro settore giovanile è nelle persone. Loro sono i massimi dirigenti, poi ci sono figure fondamentali come Filippo Galli e De Vecchi, un allenatore che mi ha insegnato tanto».

Lei, Donnarumma, Calabria, Romagnoli, De Sciglio: che cosa le dicono questi nomi messi insieme?

«Che con noi il Milan ha un bel progetto per i prossimi dieci anni. Sta venendo fuori qualcosa di importante».

Lei e Donnarumma avete diversi punti in comune.

«Ci siamo conosciuti negli Allievi, siamo amici veri. Lui è un fenomeno. Insieme lavoriamo e scherziamo sempre ed è vero, abbiamo tanti punti di contatto. Ma non sulla musica: quando attacca con le sue canzoni napoletane io mi metto le cuffie…».

Eh, sono sacrifici. Ma ci parli di quelli veri, che lei cita spesso.

«Quando andavo alle superiori la vita era complicata. Mangiavo in auto prima di andare al campo e la sera studiavo sul pullmino mentre tornavo a casa. Se non hai la testa, è durissima. Ad ogni modo mi va bene il mio 64 con cui sono uscito da ragioneria (ride, ndr)».

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