Mancini a casa sua in fila dal salumiere come uno qualsiasi. Mentre l’Europa…

Il c.t. a Jesi per stare vicino ai suoi genitori, poi gli incontri con i vecchi amici. Intanto all’estero lo ammirano sempre di più

In coda davanti a “La Caciotta”, macelleria e salumeria nel centro di Jesi, la cittadina natia, in provincia di Ancona. Maglietta azzurra, bermuda chiari, scarpe da ginnastica: Roberto Mancini è stato ritratto qualche giorno fa al suo paese, mentre faceva la fila per la spesa. Assieme a lui, abbastanza distanziato, un concittadino-tifoso. In un altro scatto il c.t. dell’Italia campione d’Europa posa con le volontarie della Croce Rossa, davanti al vicino ambulatorio. Poi la foto “rubata” che documenta un aperitivo con gli amici al bar del corso; una serata in pizzeria e il selfie di gruppo con alcuni giovani calciatori, seduti ai tavoli per festeggiare la vittoria in un torneo locale e increduli di trovarsi davanti al commissario tecnico della Nazionale. Frammenti di una felicità naturale, alla mano, senza filtri né forzature.

I genitori

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Mancini a casa sua, come uno jesino qualunque. Qualche giornata da “Normal One”, vicino ai genitori, emozionati per il figlio neocampione d’Europa, sulla scia di Pozzo, Valcareggi, Bearzot e Lippi, i c.t. azzurri vincenti. Genitori alle prese con problemi di salute legati all’età. La mamma Marianna è stata operata a un ginocchio, ha sofferto di qualche complicazione ed è ricoverata in ospedale. Il papà Aldo ha raccontato al settimanale Dipiù di aver subito un intervento al cuore: “Devo stare tranquillo, sono del 1935. Ora le partite le guardo in tv”. Emozioni da maneggiare con cura: “Roberto come giocatore è stato bravo, ma vederlo sulla panchina della Nazionale è tutta un’altra cosa”. Mancini si è concesso un weekend in Puglia con la moglie, ma domani ritornerà nelle Marche, a Jesi, per sincerarsi delle condizioni della madre. Le vacanze vere le farà quando sarà possibile, tra la Sardegna e forse Dubai.

Turismo

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Sui muri di Jesi campeggiano i manifesti voluti dal Comune dopo la vittoria contro la Spagna in semifinale: “Grazie Roberto, orgoglio di Jesi”. Un ringraziamento a prescindere dall’esito della finale. Jesi ha grande tradizione sportiva, è una delle capitali della scherma azzurra: qui sono nate Giovanna Trillini, Valentina Vezzali, Elisa Di Francisca, plurimedagliate alle Olimpiadi. Il Resto del Carlino, nella sua edizione marchigiana, ha scritto che Mancini, con gli spot girati per la regione Marche, ha fatto crescere il turismo: “Numeri da capogiro quelli che la Confcommercio delle Marche ha esaminato da fine giugno: diecimila richieste di informazioni in più rispetto alla media del periodo. Ma il dato che fa sobbalzare sulla sedia è quello relativo all’aumento del Pil tendenziale se il trend verrà confermato: un miliardo e 100 milioni di euro in più per il turismo delle Marche, tra quest’ anno e la fine del 2022. Il Mancio ha attirato l’attenzione mediatica sulle Marche, grazie agli spot televisivi nei quali è testimonial”. Mancini smuoverà i turisti come Giacomo Leopardi: una visita a Recanati, nel natio borgo selvaggio del poeta dell’Infinito, e un salto a Jesi, alle radici dell’allenatore che ha riportato in Italia la Coppa dell’Europeo. Nuovi tour all’orizzonte.

Se volesse… Non solo Jesi e non solo l’Italia, Mancini ha mezza Europa ai suoi piedi. Se si rimettesse sul mercato, troverebbe lavoro in un secondo. Non lo farà, perché ha rinnovato il contratto con la Figc, perché gli piace allenare la Nazionale e perché il Mondiale in Qatar è dietro l’angolo, tra un anno e mezzo scarso, alla fine del 2022: certo, bisognerà qualificarsi (facciamo gli scongiuri). Ciò non toglie che qualche club lo abbia messo in agenda per un futuro più o meno lontano. All’estero il sentimento prevalente nei suoi confronti è l’ammirazione per come ha trasformato l’Italia del pallone. Una delle migliori definizioni del calcio manciniano l’ha regalata il Daily Telegraph, quotidiano inglese, nel commentare Inghilterra-Italia di una settimana fa: «Mancini ha cercato di vincere la partita, Southgate (il c.t. inglese, ndr) ha cercato di non perderla». Il giudizio è epocale, perché ci parla di un rovesciamento: una volta, neppure tanto tempo fa, accadeva il contrario, l’Italia puntava a non perdere contro avversari che perseguivano la vittoria. Concetto ribadito in Spagna da El Pais: «Mancini ha liberato l’Italia dal gioco difensivo e avaro che pure aveva portato ottimi risultati in passato». E dalla Süddeutsche Zeitung in Germania: «Depressi per la mancata qualificazione al Mondiale 2018, negli ultimi anni gli italiani non si sono accorti della rivoluzione silenziosa del loro commissario tecnico». Non vogliamo esagerare, ma c’è la sensazione che l’Europa del pallone percepisca Mancini un po’ come l’Europa della politica e dell’economia vede Mario Draghi, il presidente del Consiglio. Un’aria nuova, qualcosa di differente dai soliti stereotipi sul Paese Italia e sul calcio italiano. Chissà se durerà, ma intanto va.

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