Maldini-Milan: visioni diverse, parole forti e risultati in bilico. Un d.t. dal futuro incerto

La differenza di vedute progettuali è venuta fuori ancora una volta. Ognuno ha le sue ragioni, ma su Paolo pesa lo scorso mercato. E senza Champions 2023-24 sarebbe lui il primo a cui RedBird si rivolgerebbe

Marco Pasotto

17 maggio – Milano

La parte ufficiale è scarna – non parliamo esattamente di un chiacchierone – e riporta due concetti espressi a caldo, pochi minuti dopo la fine della partita e del sogno turco: le congratulazioni e gli auguri all’Inter, e quelle – orgogliose – alla propria squadra. Da parte di Gerry Cardinale una gestione del dopogara che ha riscosso il plauso del ministro dello Sport, Abodi: “Onore ai vinti e complimenti per la cultura sportiva”. Poi, però, c’è anche la parte sommersa, quella dei “si sussurra” e “si mormora”, delle cose che filtrano informalmente e aiutano a scavare un po’ e a farsi un’idea più dettagliata di cosa si nasconde sotto la punta dell’iceberg.

Visioni

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E quella parte sommersa, come ogni iceberg che si rispetti, è ingombrante e pericolosa per la navigazione. Al timone dell’imbarcazione che deve evitarlo in tutti i modi c’è Paolo Maldini, perché è normale che sia così: Paolo è il responsabile dell’area tecnica e quindi il primo chiamato in causa dal punto di vista sportivo nel bene e nel male. Paolo è anche uno che – lato del carattere condiviso perfettamente con Cardinale – alle parole preferisce i fatti. Quando però quelle parole arrivano, spesso lasciano il segno. Maldini non si è mai tirato indietro nel raccontare le sue verità e la sua visione. L’ha fatto per esempio prima del derby di andata e dopo quello di ritorno e, insomma, è facile pensare che la proprietà non sia stata entusiasta di alcuni passaggi.

Riflessioni

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La premessa, doverosa, è quella che abbiamo fatto più volte: il modello gestionale di Cardinale prevede che vengano tirate le somme soltanto alla fine della stagione, a obiettivi raggiunti o meno. Il numero uno di RedBird non è un uomo d’affari abituato, per natura e impostazione professionale, a valutare il singolo evento. La singola partita. Se ci saranno comunicazioni da fare alla dirigenza, verranno fatte in privato, faccia a faccia, a tempo debito. Ovvero a fine stagione e dopo riflessioni approfondite. Allo stesso tempo, però, alcune dichiarazioni del suo direttore tecnico difficilmente saranno sfuggite. Prepartita di Milan-Inter: “Bisogna prendere il momento, se lasciassimo scappare il momento e non provare a raggiungere il gradino più alto si rischia di fare due passi indietro. Secondo me non siamo ancora pronti per rimanere a questo livello, non siamo ancora con i migliori club. Dobbiamo fare investimenti ora, per raggiungere quel livello”. Dopopartita di Inter-Milan: “Essere tornati a questo livello deve essere sfruttato, investendo per rimanere fra le prime quattro e fare bene in Italia”. Maldini ha battuto ripetutamente sul concetto di investimento, aggiungendo anche “che non siamo ancora strutturati per competere su due fronti, lo abbiamo detto alla stampa e ai nostri proprietari, lo sanno benissimo…”.

Dna Milan

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Il nodo più grande, banalmente, è tutto qui e non è certamente nuovo. La visione di Maldini, ovviamente legittima, stride con quella aziendale. Elliott o RedBird in questo senso non fanno differenza perché le modalità di conduzione e progettazione sono le stesse. Paolo già in passato aveva puntato l’attenzione sulla necessità di investimento ed è facile immaginare che in questo senso non si ritenga soddisfatto. Da una parte un dirigente che non è solo il capo dell’area sportiva, ma anche l’incarnazione stessa del Milan nel senso più profondo del termine. Dna rossonero. Quando Maldini gestisce una trattativa di mercato, così come quando esce semplicemente di casa, si muove il Milan nel senso più totale del termine, e non solo un semplice dirigente. Maldini in linea generale vorrebbe probabilmente giocatori più pronti, che di conseguenza sono anche più cari. Da un lato ci sono le esigenze di una figura storica che si è autodefinito garante del progetto. Dall’altra quelle di un club che da quattro anni sta perseguendo la sostenibilità finanziaria, attraverso un’oculatezza estrema che comunque non ha impedito al club di mettere a disposizione 110 milioni e di rientrare nel giro Champions, vincere uno scudetto e arrivare nel G4 d’Europa. Un piccolo grande miracolo, di cui ovviamente anche Paolo è stato fra i principali artefici.

Investimenti

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Ma la differenza di vedute – che a seconda dei contesti e dei periodi storici è stata leggera e compensata dai risultati sportivi, oppure una frattura interna vera e propria – pare destinata a rimanere proprio perché le due posizioni magari possono essere limate, ma restano comunque difficilmente conciliabili. E allora, dopo le ultime parole del d.t., non è sorprendente immaginare che ai piani alti del Diavolo si rifletta su come il club negli ultimi due anni abbia investito in tripla cifra sul mercato, al netto di cessioni che però sono state molto esigue (a differenza delle altre big, che hanno guadagnato svariate decine di milioni grazie a chi ha salutato). Allo stesso modo viene sottolineato come, contestualmente al budget per rinforzare la squadra, la proprietà sia riuscita a proseguire nel virtuoso cammino finanziario, che ha di fatto abbattuto un rosso di bilancio arrivato a quasi 200 milioni nel 2019-20.

Scelte

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Anche il passaggio su Dybala (“Sarebbe stato molto più semplice e molto meno oneroso per noi andare su un giocatore come Dybala all’inizio dell’anno. Ma sarebbe stato un acquisto giusto per il nostro progetto? Sarebbe stato giusto e condiviso dalla proprietà? No”) pare abbia stupito alquanto la proprietà, che non risulta abbia posto all’epoca veti sull’argentino, lasciando libertà di manovra all’area sportiva. E qui si entra in un altro punto caldo, ovvero l’autonomia nelle scelte di Maldini e Massara in sede di mercato. Superfluo dire che agli occhi di RedBird i conti meritino riflessioni: la cinquantina di milioni impiegati la scorsa estate ha dato riscontri quasi nulli, cosa che ovviamente non può essere passata inosservata. Ecco perché la situazione è calda, e fluida. In parole povere: con un Milan fuori dalla Champions 2023-24, il primo a essere messo in discussione sarebbe proprio Maldini.

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