Maldini: “Leao? Quando arrivò gli dissi che giocava per il suo Instagram…”

Il d.t. del Milan a Muschio Selvaggio: “Metteva video bellissimi con dribbling e giocate, ma poi finiva la stagione con 2 gol. Lo abbiamo aiutato a cambiare questa mentalità. San Siro? Serve uno stadio moderno. E quei litigi con Chiellini e Casiraghi…”

Uno sguardo (abbondante) al passato e una bella spolverata di attualità. Paolo Maldini si è raccontato a 360 gradi a “Muschio Selvaggio”, a partire dal suo cognome ingombrante (“Le voci sulla raccomandazione di ‘famiglia’? Mi è pesato, e purtroppo anche sui miei figli”), il fatto di essere arrivato presto al professionismo (“Avere tutte quelle aspettative mi ha tolto la parte un po’ più divertente di quell’età”), il primo gol in A (“A Como, rimasi un po’ stordito per il primo minuto e mezzo. Mi ricordo anche che Berlusconi mi regalò un orologio con la dedica”), la convocazione in U21 con papà (“Il mio percorso era già tracciato, ma non ha evitato commenti. Avevo 18 anni ed era un po’ prematuro, ma già da lì ho iniziato a fregarmene”), il lavoro con Sacchi (“Ci ha ammazzato”), una frase particolare di Capello (“Mi ha detto: ‘Sai di essere il migliore al mondo?’, e da lì ho preso la responsabilità del migliore del mondo, mi ha fatto crescere molto”), i grandi calciatori (“Maradona e Ronaldo il brasiliano sono i più forti. Io non ho giocato contro Messi, grazie a Dio. CR7 è un grande bomber, ma ha meno magia degli altri due. Diego poi era simpaticissimo, mi sono vergognato per avergli dato tante di quelle botte e una volta gli chiesi scusa”), le offerte di mercato da calciatore (“Quelle di United, Real e Arsenal erano vere come voci, ma nulla di concreto, anche il Chelsea mi aveva cercato”), i litigi con Chiellini (“Le mani al collo di Giorgio? Mi aveva dato una gomitata, io mi ero già rotto il naso più volte, volevo evitare di romperlo di nuovo e quindi mi sono arrabbiato parecchio”) e Casiraghi (“In un Trofeo Berlusconi gli ho tirato una testata, era mio compagno di squadra in nazionale. Che vergogna quella volta, tra l’altro il giorno dopo si doveva sposare e lo ha fatto con l’occhio nero”), l’intervallo di Istanbul (“Siamo entrati nello spogliatoio urlando tutti perché eravamo nervosissimi, è intervenuto Ancelotti urlando per farci stare zitti. Hanno detto che avevamo festeggiato, io da capitano non lo avrei mai permesso e anche i miei compagni non lo avrebbero mai fatto”).

Mentalità

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Per quanto riguarda l’attualità, è inevitabile parlare di Leao: “E’ un talento pazzesco. Io sono un esteta grazie a mio papà e Leao è bello da vedere, è qualcosa di unico. Ha le carte in regola per diventare un top. Era in panchina al Lilla e quando è arrivato gli ho detto che lui giocava per il suo Instagram perché metteva video bellissimi con dei dribbling e giocate, ma poi finiva la stagione con due gol segnati. Lo abbiamo aiutato a cambiare questa mentalità. Uno così talentuoso deve lavorare anche più degli altri per sfruttare il suo talento”. Passando dalla lite con Spalletti: “Non c’è bisogno di chiarirsi. La cosa bella della maturità è anche questa. E’ venuta fuori una frase che non ho detto (”Hai già vinto lo scudetto, non rompere i c…”, ndr). Io non volevo fare casino ed essere rumoroso, in quel momento i protagonisti erano altri e non noi”. E da San Siro: “Se vogliamo vivere di ricordi restiamo lì. La storia la fanno i giocatori. Oppure costruiamo un nuovo stadio moderno che ci permetta di aumentare i ricavi? La cosa che più mi dà fastidio è che la città di Milano ha capito questa cosa, non è possibile non cogliere un’occasione del genere”. Infine, il Pallone d’oro: “Non ho rimpianti. Mi rode di più non aver vinto un Mondiale per esempio. Meglio vincere un trofeo che un premio personale”. E il rapporto con l’Inter: “C’è massimo rispetto, ma non è una cosa solo mia. Quando è arrivato Nesta dalla Lazio mi chiese quali erano i ristoranti in cui poteva andare e quali no, perché a Roma è così. Gli dissi che poteva andare dove voleva. C’è un antagonismo sano tra le due squadre”.

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