Maldini: “Baresi il mio mito. Social? Ai miei tempi c’era più libertà”

La prima vita da leggenda del calcio giocato, la seconda da “uomo qualunque” che si è goduto la famiglia e la terza di ritorno nel calcio, come dirigente. Paolo Maldini si è fatto in tre per il calcio, riprendendo laddove aveva lasciato quando aveva detto addio ai campi. Ovvero vincendo.

Maldini: “Per il calcio ho sacrificato la mia gioventù”

Intervistato da Albertino per il podcast di m20, l’ex capitano e ora responsabile dell’area tecnica del Milan ha confessato alcuni retroscena della propria carriera e anche della propria vita privata, senza nascondere qualche rimpianto per una gioventù in parte sacrificata sull’altare della vita da calciatore: “Quando giocavo la sera uscivo solo quando si vinceva. E capitava spesso… A vent’anni ti devi anche divertire. A livello lavorativo ho iniziato a essere un professionista a 16 anni, una parte di quell’età l’ho persa, non uscivo mai al sabato e alla domenica. L’obiettivo della mia vita era quello di essere performante nel mio lavoro. Uscivo, ma sono astemio, non bevo, non fumo e non mi sono mai drogato…Penso che sia normale non sentirsela di andare fuori se si perde. La sconfitta dovrebbe fare parte del mondo dello sport, ma capita di viverla come una vergogna e allora per evitare di suscitare qualche reazione nella gente si evitava…“.

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Maldini e la vita ai tempi in cui non c’erano i social

Dal passato, seppur prossimo, al presente il passo è breve. Soprattutto se si parla dei social, assenti durante l’epopea del Maldini calciatore: “I social hanno una vita propria, fa parte della vita del calciatore – il parere di Paolo – Ai miei tempi c’era molta più libertà perché c’erano meno fotografi, meno gente curiosa, si poteva fare la propria vita in maniera più libera e normale“.

“Prima di fare il dirigente volevo aprire un hotel”

Quindi, un riferimento al proprio idolo, divenuto poi storico compagno di squadra: “Quando vedevo Franco Baresi giocare era il massimo. Anche in allenamento piuttosto moriva pur di non prendere gol. Parlava poco e faceva molti fatti, è stato un esempio che mi ha indicato una via che già sentivo mia. Quello che ti manca è l’adrenalina della partita, soprattutto nei primi mesi, poi te ne fai una ragione e inizi a fare delle cose banali, come prendere un caffè con gli amici, cosa che non avevo mai fatto. Infine, una battuta sulla giornata-tipo da dirigente: “Vivo tra l’ufficio e Milanello, sto in panchina, guardo l’allenamento, parli con giocatori e allenatore. Per dodici anni ho fatto tutt’altro, sono stato negli Stati Uniti, volevo aprire un hotel, poi ho cambiato progetto. Mi sono goduto figli, moglie e amici, cose che avevo trascurato”.

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