Lukaku-Dzeko, le due torri funzionano: tutte le soluzioni dell’attacco di Inzaghi

I due big funzionano bene, con il ritorno di Lautaro il tecnico nerazzurro avrà tre attaccanti intercambiabili di spessore assoluto. Ma Correa…

E così l’Inter ha sperimentato in amichevole – con la Reggina – la nuova coppia d’attacco, formata da Dzeko e Lukaku. Entrambi – in attesa del ritorno del campione del mondo Lautaro Martinez – sono anche andati in gol. Ma non è questo che conta e non è certo il tabellino dei marcatori che interessava a Simone Inzaghi. Sotto osservazione, piuttosto, la tenuta atletica del belga e la coesistenza con Dzeko, per quello che è stato – anche legittimamente – presentato come “l’attacco pesante”. Definizione comprensibile, considerando la struttura fisica dei due, che però rischia di fare un torto al bosniaco, forse il più tecnico degli attaccanti del campionato italiano. Perché non avrà la forza di Giroud, la potenza di Vlahovic, la falcata di Abraham, l’esplosività di Osimhen o lo scatto bruciante di Immobile, ma Dzeko ha una qualità – il tocco del trequartista su un fisico da ariete – che lo rende a suo modo unico. È per questo che rappresenta il complemento ideale per Lautaro Martinez, a cui apre gli spazi con le sue corse all’indietro; ed è per questo che può essere anche la spalla perfetta – e non è riduttivo – per Lukaku.

Completamento

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Perché solo la letteratura impone che, per completarsi, i due attaccanti debbano essere agli estremi anche a livello di immagine: un centravanti forte e potente, una seconda punta agile e scattante. Certo, ci sono coppie che hanno fatto fortuna così. Ma, senza voler fare minimamente paragoni, Gullit e Van Basten hanno fatto la storia dall’alto del loro metro e novanta. Così come Ronaldo e Rivaldo hanno trascinato il Brasile al Mondiale, abbinando eleganza a struttura. Ed è chiaramente fondamentale e prioritario per Inzaghi che Lukaku ritrovi la sua condizione migliore, mettendosi alle spalle le ruggini di quattro mesi in infermeria e la delusione – con tanto di pugni finali alla panchina – per i gol sbagliati con la Croazia. Se così sarà, e il tecnico naturalmente si augura che tutto questo succeda già in vista della partita con il Napoli che segnerà il ritorno del campionato, Lukaku potrà trovare in Dzeko un partner ideale.

Tecnica ed esperienza

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Uno che veleggia verso i 37 anni ma – dall’alto di una tecnica superiore – ha ancora tanto da dare. E da quando è all’Inter, in 70 presenze collettive, ha messo insieme 26 gol. Uno ogni due partite e mezza: una media tutt’altro che trascurabile per un attaccante che, come abbiamo detto, partecipa continuamente al gioco, sa far respirare la squadra piantando il suo compasso sulla trequarti e ha all’attivo anche un bel numero di assist. Un autentico affare per l’Inter averlo preso a zero un anno e mezzo fa dalla Roma, quando improvvisamente si materializzò la possibilità – pensate un po’ – di cedere proprio Lukaku al Chelsea per la bellezza di 115 milioni.

Poca resa

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Molto meno, è giusto dirlo, ha reso l’altro giocatore arrivato nell’estate dello scorso anno in nerazzurro per completare il fronte offensivo. Già, perché dopo aver ceduto Lukaku in Premier e Hakimi al Psg per una settantina di milioni, Marotta e Ausilio pensarono di accontentare il nuovo allenatore – Simone Inzaghi – andando a prendere Correa. Oltre trenta milioni pagati alla Lazio per un giocatore che sembra ormai fuori dalle possibili scelte in attacco. Con Lautaro, Lukaku e Dzeko ci sono infatti tre soluzioni di grande valore, assolutamente compatibili e integrabili in tutti i tandem. A differenza appunto di Correa che in questo anno e mezzo ha segnato appena nove gol, non ha mai trovato una continuità dal punto di vista atletico e soprattutto non ha mai inciso in maniera convincente. Per questo l’Inter ha provato e sta provando a metterlo sul mercato; per questo Marotta in estate lo avrebbe volentieri “sacrificato” per aprire uno spazio per Dybala. Un’opzione, si dice, comunque non gradita al tecnico che ha puntato ancora sul suo pupillo. Perché, ma questo è un altro discorso e non riguarda solo Inzaghi, gli allenatori sono un po’ troppo spesso legati al passato. Invece di alzare lo sguardo e immaginare il futuro.

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