Lozano: “A Napoli per la corte di Ancelotti. Ho avuto paura di morire in campo”

L’ala azzurra si racconta a The Players’ Tribune: “Carlo mi chiamava ogni settimana. Quando mi infortunai i danni alla spina dorsale mi fecero temere il peggio. Il momento più duro? Il lockdown da solo con i miei in Messico: stavo per impazzire”

Salvatore Malfitano @malfitoto

16 novembre – Milano

La depressione, la paura di morire in campo, l’esperienza al Napoli e il rapporto speciale che si è creato con Carlo Ancelotti. Sono solo alcuni dei temi che Hirving Lozano ha trattato in una lunga lettera scritta per “The Players’ Tribune”. Il racconto “italiano” parte proprio dalla telefonata dell’attuale allenatore del Real Madrid, nel 2018: “Quando ho sentito il suo nome sono quasi impazzito. Voleva che io andassi a giocare per lui nel Napoli. Mi chiamava ogni settimana, se mi infortunavo mi chiedeva come procedesse il recupero. Come avrei potuto dirgli di no? Carlo è un grande tecnico, ma è ancora migliore come persona. La prima sera in Italia portò me e la mia famiglia a cena con la sua. Fu molto importante per me, perché a volte la gente non si rende conto di quanto sia difficile cambiare Paese come calciatore. Soprattutto per i sudamericani, perché la cultura europea è così diversa. Ma Ancelotti sapeva come farti sentire a casa e quell’umanità mi è rimasta impressa”.

Pandemia

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Dopo l’esonero, poco dopo l’insediamento di Gattuso scoppia la pandemia di coronavirus. “Mia moglie e i bambini erano tornati in Messico, all’improvviso tutti i voli furono cancellati e io rimasi intrappolato da solo dall’altra parte del mondo. Pensavo che la cosa si sarebbe risolta in pochi giorni. Dopo qualche settimana, ho detto al club che non ce la facevo più. Li ho supplicati di lasciarmi tornare a casa. Ma loro mi fecero capire che rischiavo la galera. Alla fine, come molte persone in quel periodo, trascorsi tre mesi da solo, e mi sembrò di impazzire. Ci sono stati altri ostacoli sul mio cammino, ma sono fortunato perché mi sono sempre ripreso. Abbiamo vinto la Coppa Italia, al riavvio dei campionati dopo il blocco, e sono diventato il primo giocatore messicano a vincere un trofeo in Italia. Sono stato anche il primo a segnare in Serie A. Ho avuto altri grandi allenatori da cui ho imparato molto. Personaggi molto diversi tra loro, come Gattuso (una persona che vuole vivere a 100 all’ora) e Spalletti, che cerca di imbrigliare il diavoletto che ho sulla mia spalla”, ha proseguito. L’anno scorso, durante la Gold Cup, Lozano si infortuna gravemente dopo una ginocchiata fortuita ricevuta dal portiere di Trinidad e Tobago. La dinamica dell’impatto lascia subito temere il peggio, come spiega il messicano: “Il mio collo è ruotato di 180 gradi, la mia spina dorsale è rimasta danneggiata e il mio occhio è esploso. Ho avuto molta paura. Ho pianto tanto. Ho temuto per la mia vita, sinceramente. Grazie al chirurgo, sono rimasto fuori per soli tre mesi, ma molti medici mi hanno detto che è stato miracolo che sia sopravvissuto, per non parlare del fatto che sia riuscito a tornare in campo così rapidamente”.

“Tremare la terra”

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Infine, un messaggio per tutti i suoi connazionali, in avvicinamento ai Mondiali: “In questi quattro anni abbiamo vissuto tante cose, alcune belle, altre brutte. Ma siamo lo stesso Paese. Vivremo tutti insieme questi momenti, 130 milioni di persone. Noi soffriremo e voi soffrirete. Noi proveremo gioia e voi proverete gioia. Se voi credete, noi crederemo. Anche quando siamo dall’altra parte del mondo, vi sentiamo. Io l’ho sentito. Facciamo tremare la terra”.

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