Livaja: gol, pugni e vita spericolata. Cos’è successo nel 2013 alla Pinetina con Cassano

Mourinho ha ricordato la discussione tra il croato e il fantasista dieci anni fa. Ma l’ex attaccante dell’Atalanta non è nuovo a gesti simili

Marko Livaja non è uno da mezze misure. Non è il tipo che se deve dirti qualcosa fa un giro di parole. E José Mourinho ha ricordato anche come mai. Contesto. Antonio Cassano entra in scivolata durante una live con la Bobo Tv e dice che allo Special One non importa nulla di allenare. “Se guida il Real o la Sanmartinese è uguale. Parla, fa solo cinema e non ha dato un’identità”. Frecciata. Una delle tante del barese. Allegri, Immobile, Haaland, Inzaghi. Nel mirino sono finiti tutti, anche José, che dopo Torino-Roma gli ha risposto.

L’accaduto

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“Cassano ha giocato nella Roma, nell’Inter e nel Real: a Madrid è ricordato per la giacca, con la Roma ha vinto una Supercoppa senza giocare, nell’Inter non ha vinto nemmeno la coppa di Lombardia. Antonio, hai 40 anni e io 60, ma a volte arrivano i Marko Livaja e dopo è dura…”. Ovvero? José fa riferimento a una presunta lite in allenamento tra il barese e il croato. Annata 2012-13, Stramaccioni in panchina e Cassano con la 99. Dopo complimenti a pioggia e il famoso “Strama bene bene”, Antonio inizia a vedere il campo sempre meno, soprattutto in Europa League. Stramaccioni ha già in mente la squadra per il prossimo anno, un’Inter più giovane e dinamica con diversi talenti della prima squadra. Uno di questi è Marko Livaja, croato di Spalato, punta veloce dalla buona tecnica che ha vinto le Next Gen da protagonista. Strama stravede per lui e accantona Antonio, che a marzo litiga con l’allenatore. Spintoni, frasi forti, insulti. Uno show. Quell’anno però ci sarebbe stata anche una discussione accesa con Livaja, in cui – fa intuire Mou – l’attaccante barese avrebbe avuto la peggio. Lo Special One allenava il Real, ma il calcio è un mondo pieno di spifferi.

Con Radovanovic

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Altezzoso, ribelle, strafottente, allergico a ogni regola. Livaja è uno che guarda, passa e segna, senza curarsi di nessuno. Dopo aver girato l’Europa è tornato a Spalato per segnare ancora. A novembre ha giocato anche il Mondiale con la Croazia, strappando il terzo posto. Ha fatto pace con se stesso alla soglia dei trent’anni e dopo una decina passati ad autodistruggersi, ricomponendo i pezzi solo poi. Nel 2012 infila quattro gol in Europa League e colpisce un palo da un metro contro il Genoa. Strama gli trasmette fiducia, lui beve Coca Cola di continuo e si becca una strigliata al giorno. Dopo l’Inter arriva l’Atalanta: una trentina di partite, sei reti e una grandine di problemi. A gennaio salta un paio di allenamenti per un virus, ma qualcuno lo becca al ristorante insieme alla famiglia e scoppia la polemica. Nei mesi successivi litiga con Colantuono, rifila un pugno a Radovanovic dopo un diverbio in partitella e dà dei “bastardi” agli italiani su Facebook dopo una sfida contro il Verona. “Alcuni tifosi mi chiamavano ‘zingaro’ e minacciavano la mia famiglia, così dissi basta. Ce l’avevo con quattro persone. Sono uno che ci mette la faccia”. Anche troppo.

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