L’Italia non può fare a meno di Jorginho. A quante italiane farebbe comodo?

Se lui non c’è i meccanismi di gioco azzurri non sono fluidi e soffre pure Verratti. Ma quante big di Serie A hanno bisogno di un giocatore proprio in quel ruolo…

Dal nostro inviato Fabio Licari

26 marzo – Parma

L’abbiamo capito: il giocatore di cui questa Nazionale non può fare a meno è Jorginho. Il meno glamour dei centrocampisti di Mancini, il meno appariscente, ma anche l’indispensabile. Se lui non c’è, i meccanismi di gioco non sono più fluidi e anche Verratti soffre nell’impostazione. Jorginho è uno dei misteri meravigliosi del nostro calcio, lanciato dal Parma, esaltato dal Napoli di Sarri. Osservato con speciale interesse da Conte che però alla fine decise di farne a meno. Ignorato da Ventura fino allo spareggio con la Svezia (soltanto al ritorno). E, va dato atto, promosso da Di Biagio leader dell’Italia. Il “traghettatore” schierò subito un 4-3-3 con Jorginho play, contro Argentina e Inghilterra in amichevole, prima che Mancini diventasse c.t. e impostasse la sua Italia sul doppio regista Jorginho-Verratti. Una scommessa nella quale credeva soltanto lui.

Doppio play

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E invece, bisogna ammetterlo, una scommessa vincente. Sembrava che i due si pestassero i piedi, che il contributo in impostazione avrebbe avuto il contraltare del deficit in protezione, ma non è stato così. Jorginho interviene in prima battuta, sempre proteggendo la difesa, ma facendo subito scorrere palla e manovra. Al suo fianco Verratti aumenta il tasso di creatività, ma con l’italo-brasiliano sempre al suo fianco. Doppio play. Finisce che l’Italia imposta con tre difensori, due centrali, e poi una linea offensiva di cinque alla quale partecipano un esterno (di solito il sinistro) e il terzo centrocampista (normalmente l’incursore Barella). Se manca Jorginho, s’è visto ieri, anche Verratti fatica. Vero che Locatelli non è andato al massimo, ma torniamo a Olanda-Italia 0-1, la partita più bella: il centrocampista del Sassuolo si esaltò quella sera, ma davanti alla difesa c’era proprio Jorginho, il “moltiplicatore”, e Locatelli mezzala alla sua sinistra.

Sarri e il Napoli

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Jorginho è stato modellato da Sarri al Napoli. I gol li segnava Higuain, la fantasia era di Insigne, le incursioni di Hamsik, ma al centro dell’ingranaggio c’era lui, Jorginho, che portava avanti il gioco a tocchi nello stretto, quasi come fosse un magnete che attirava la palla. Sarri se lo portò al Chelsea ma non riuscì a recuperarlo nell’avventura juventina. Chissà come sarebbe andata, invece di Pjanic adattato in un ruolo troppo particolare per lui ex mezzala tendete al 10. Al Chelsea non sempre per Jorginho sono state rose e fiori, ma anche Lampard non può più fare a meno delle sue geometrie, della sua regia classica, di cui ti accorgi quando non c’è.

E se le italiane…

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Quando si parla di problemi in regia per le italiane, di una Juve senza play, di un’Inter nella quale Brozovic è in discussione un giorno sì e l’altro pure, di un Milan che non riesce a far decollare Tonali (con Bennacer lungodegente), di un Napoli che fatica a trovare la formula di centrocampo, a volte ci si dimentica che a Londra che un signor regista, Jorginho, meno glamour di tanti altri colleghi ma dotato di un coefficiente di utilità altissimo. Mancini lo sa che il giorno in cui gli mancherà i problemi aumenteranno: perché Locatelli, Cristante, Tonali, in attesa di capire Pessina in quel ruolo, non sono la stessa cosa.

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