L’Italia del pallone ha perso la testa: basta piagnistei! ora serve una svolta, non è la prima volta che succede

Basta piagnistei. È ora di svoltare, cambiare mentalità. L’Italia del pallone è nello psicodramma? Non riesce a digerire l’eliminazione dai Mondiali del Qatar? 

Si va a caccia dei colpevoli secondo italico costume. Calma. Non è la prima volta che succede, semmai auguriamoci che sia l’ultima. E allora sarà bene ricordare alcune cose.

1) In vent’anni – dal trionfo 2006 all’edizione 2026 – l’Italia avrà giocato la miseria di sei partite al Mondiale. Due volte eliminata al primo turno, due volte nemmeno qualificata. Basta questo per capire che il nostro calcio è malato.

Wembley?  Una magia estemporanea. Un trionfo che ha solo mascherato una crisi che è a tutti i livelli. Prendiamo gli stadi. Non si riesce a costruirne di nuovi (poche le eccezioni). Stadi vecchi, antistorici, anti-economici, antiestetici, poco sicuri, inadatti per le famiglie.

Ma come è  possibile una arretratezza culturale  del genere in Italia?

2) È dal 2 giugno 1962 che alterniamo tonfi e trionfi. Dal Mondiale in Cile. A Santiago l’Italia perse 2-0 dai padroni di casa e perse pure la testa finendo in nove. Nel 1966 a Middlesbrough (Regno Unito) ci ha eliminato la Corea del Nord col gol di Park Doo-ik che una leggenda metropolitana ci spacciò per dentista. In realtà era un insegnante di educazione fisica. Ma cambia poco.

Cinque giorni dopo gli azzurri furono accolti a Genova con lancio di uova marce e pomodori freschi. Poi è cominciata l’altalena: campioni del mondo nel 1982, fuori dagli Europei 1984, campioni del mondo nel 2006, eliminati ai rigori negli Europei del 2008.

Nel 2014 ai Mondiali brasiliani il patatrac che non ti aspetti: azzurri fatti fuori dal Costarica, più o meno una squadra di eroi per caso come la Macedonia. A casa il c.t. Prandelli e il presidente Abete; pensavamo di aver toccato il fondo. Non è stato così. Purtroppo.

3) Il peggio si è materializzato al Meazza di Milano, novembre 2017. Ancora uno spareggio, ancora un flop. Dovevamo andare a Mosca 2018 e la Svezia con uno 0-0 (aveva vinto all’andata 1-0) ci ha rubato il posto. 

A casa il c.t. Ventura naturalmente senza colpe. Poi è arrivata la resurrezione di Wembley,  la folla adorante e delirante, il bus a due piani. Un 12 luglio del magico Ventuno. Anno fantastico. Cose di nove  mesi fa. E in nove mesi siamo passati dal paradiso all’inferno. Perso faccia, immagine, ranking Fifa (addio top 10?). Addio sponsor, premi, diritti tv, la vetrina del Made in Italy. E contratti da rivedere, Adidas e Rai in testa. Le ricadute sulla nostra economia sono una mazzata per il Pil. D’accordo, non ci voleva. L’importante ora è reagire.

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