Arrivato a Milano dall’Atalanta nel 2017, il centrocampista si è trasferito in Brianza dopo sei stagioni e cinque trofei. Ma del nerazzurro non sono rimasti soltanto bei ricordi
11 gennaio – 17:01 – MILANO
Quando a metà agosto Inter e Monza hanno dato il via al proprio campionato una contro l’altra, il Giuseppe Meazza ha omaggiato uno solo dei due ex in campo: striscione e applausi per Danilo D’Ambrosio, qualche fischio per Roberto Gagliardini. La differenza sta tutta lì, perché i due tagli estivi dei nerazzurri sono entrambi titolari con Raffaele Palladino, ma vivono rapporti ben diversi con il recente e vicino passato: “oggi” e “ieri” sono separati da qualche mese di tempo e 25 chilometri di auto, ma questa volta toccherà ai due calciatori fare gli onori di casa ai vecchi compagni di squadra, sabato sera all’U-Power Stadium.
il primo round
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La posizione di D’Ambrosio è chiara: gli è dispiaciuto concludere la sua esperienza con l’Inter, da senatore e vicecapitano. Quella di Gagliardini è ben diversa, perché ben prima della scadenza naturale del contratto il centrocampista ha cominciato ad avvertire – e a esprimere – l’urgenza di tornare a sentirsi davvero parte di un progetto. A 29 anni è un’ambizione lecita, anche se per raggiungerla serve ridimensionare il palcoscenico. Nonostante il 2-0 incassato a San Siro, ad agosto Roberto aveva tenuto la schiena dritta contro coloro che di fatto lo avevano spinto prima in panchina e poi ai margini della rosa. Anzi, era pure stato protagonista di un siparietto con Lautaro Martinez, che lo aveva colpito duro accusandolo poi di esagerare con le teatralità della caduta.
colpo di mercato
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All’inizio della gestione Antonio Conte il centrocampo dell’Inter si è rinforzato con Nicolò Barella, poi con Simone Inzaghi sono arrivati anche Hakan Calhanoglu e Henrikh Mkhitaryan, a formare un trio che oggi lima il minutaggio di un calciatore in rapida ascesa come Davide Frattesi, figuriamoci come possa essersi ridimensionato il ruolo di un Gagliardini in calo. E pensare che in realtà nel 2017 il classe 1995 fu strappato all’Atalanta per oltre 20 milioni di euro tra prestito e obbligo di riscatto, approcciando all’Inter con i gradi di promesso titolare in una squadra in difficoltà e in ricostruzione: le attese sono state inizialmente rispettate e il posto conquistato, senza però riuscire a tenere poi il passo quando le ambizioni societarie sono aumentate, al pari con la concorrenza interna. E proprio mentre D’Ambrosio è diventato un idolo delle folle nonostante uno spazio in continua riduzione, l’affetto popolare per Gagliardini si è perso.
fine dei giochi
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Mentre Inzaghi ha cominciato a vederlo come arma tattica da sfruttare per arginare centrocampisti particolarmente fisici, come Sergej Milinkovic-Savic, il pubblico aveva già perso entusiasmo per le sue prestazioni via via meno brillanti e senz’altro meno convincenti dei titolari. E, si sa, quando si finisce nella black list del Meazza, i giorni rischiano di essere contati. Gagliardini ha giocato sempre meno, ha faticato a trovare ritmo e di conseguenza si è ampliato il divario con le prime scelte di un centrocampo al top mondiale. Fino alla rottura pubblica del gennaio 2023, quando dopo una partita Gagliardini ha esternato alle telecamere il suo disagio: “Non ho più intenzione di avere questo minutaggio, a giugno prenderò le mie decisioni”. La società e i tifosi a quel punto hanno accolto quel disappunto come punto di non ritorno: porta aperta per l’addio dopo sei anni e cinque trofei, senza grossi dispiaceri. Senza striscioni e applausi, ma con qualche fischio: ora Gagliardini ritrova la sua Inter, da titolare come desiderava un anno fa, e sfida chi lo ha fatto scivolare in panchina alzando l’asticella. Forse, sarà una motivazione in più.
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