L’inverno dei campioni, Hakimi, il Real, Lollo e i destabilizzatori

Il Milan ha perso male con l’Atalanta che continua a essere la più bella del campionato: ieri ha vinto dieci confronti diretti su dieci, esaltandosi nell’intensità. Ma il Milan è campione d’inverno perché l’Inter non è andata oltre il pareggio a Udine dove Maresca ha fatto scendere la catena a Conte («sempre tu!, sei sempre tu!», gli ha urlato riempiendo di sé stadio e teleschermi). That’s all, folks: ora ho altro per la testa. Mi gira un po’: troppa simpatia, troppi complimenti. Il più bello l’ha rivolto a questo giornale Marotta rispondendo a una domanda – da lui sollecitata: è prassi ormai – sul caso Hakimi-rata-Real, riportato soltanto da noi e Repubblica. «Devo dire che nelle ultime settimane si sono divulgate notizie, alcune vere, altre speculazioni che forse hanno l’obiettivo di destabilizzare l’ambiente» ha affermato l’ad dell’Inter, chiarendo peraltro che «non è possibile perché la proprietà è credibile e perché il management deve garantire stabilità e compattezza». Ringrazio Beppe: ci ha riconosciuto un’importanza che non pensavamo di avere. Adesso il mondo del calcio sa che un titolo del Corriere dello Sport – oltre che del solito, informatissimo Currò – ha la capacità di togliere il sonno (e qualche punto) a un club, anche al più solido, credibile e compatto. E bravo Beppe, un po’ infantile e scontata come considerazione, ma ugualmente bravo e soprattutto corretto. A questo punto dovrebbe spiegare, però, quale sarebbe l’obiettivo di chi – come noi e altri – nella stagione degli appiattimenti prova ancora a informare, a scavare, a fare il mestiere, molto spesso riuscendoci: a tal proposito ricordo le belle parole che proprio lui spese, premiando la battaglia che conducemmo la scorsa primavera per portare a termine la stagione nonostante la pandemia; battaglia che peraltro lo vide schierato in prima fila con gli altri, i nordisti, promotori della chiusura. Il nostro obiettivo, allora? Procedo per tentativi, sono semplici ipotesi: togliere lo scudetto all’Inter per consegnarlo, che so, al Milan, lo considera un traguardo del Corriere dello Sport? E parla di rispetto. Lui. Oppure favorire la conquista del decimo titolo consecutivo della Juve, che mi sembra in grado di farcela da sola? È convinto che produciamo “speculazioni” sull’Inter o su altri per tentare di aiutare Roma, Lazio, Napoli, Bologna, Fiorentina e Cagliari? Domandi a Pallotta come lo trattammo. O a Lotito se gli abbiamo mai risparmiato qualcosa. Marotta è in difficoltà, lo capisco. Lo ricordo sorridente ai tempi della Juve. E non solo perché vinceva: era al vertice operativo di un’azienda vera, a Milano l’hanno chiamato per questo. Forse teme di non esserci riuscito, con o senza scudetto finale. Ci sono vittorie che a volte costano quanto e più delle sconfitte. Ieri mattina ci siamo scambiati una lunga serie di messaggi e per due volte Beppe ha ammesso (demo) cristianamente di volermi bene: ci conosciamo da una vita, un po’ di affetto ci sta e anche la stima che non significa collaborazione. Ha anche sottolineato di apprezzare «i miei editoriali per un calcio migliore». Ma si migliora coltivando il senso di responsabilità, cercando di far crescere il sistema, non accusando a capocchia o inventandosi nemici. Ci riusciva solo Mourinho, con intelligente ironia si faceva prendere sul serio. E lui, sì, riassumeva in sé tutti i ruoli, escluso Moratti, al quale concedeva l’esercizio della passione. E poi, concludo, i nostri club non hanno bisogno di stimoli esterni: sono capaci di destabilizzarsi da soli partendo da vergognose assemblee di Lega per arrivare a buchi di 500, 600 milioni, attraverso esami farlocchi, false positività, scazzi tra allenatori e giocatori, scambi di favori, improvvisi blocchi cinesi e manager che venderebbero l’anima al diavolo pur di conservare un posto in consiglio federale. A Marotta, al quale auguro il meglio, anche lo scudetto (Conte sa come si fa) do appuntamento al 31 marzo, la scadenza dell’accordo tra Inter e Real per il pagamento della prima rata di Hakimi, non prima però di aver ribadito che nelle ultime 72 ore a Madrid il “tema Achraf” è stato trattato con particolare attenzione e qualche timore. Il Real, sollecitato dall’Italia, ha smentito di aver esercitato pressioni. Ma, come disse Lore Lorentz, «la smentita è il disperato tentativo di far rientrare il dentifricio nel tubetto».

Capitan Lollo

Assodato che “Capitan Futuro”, la definizione, porta una discreta sfiga, poiché il futuro giunge sempre in ritardo, dico che Pellegrini merita di esserlo nel presente, il capitano della Roma. Oggi, non domani. Onorando la fascia liberata occasionalmente da Dzeko, sorridente ma in tribuna, contro lo Spezia Lorenzo ha corso, collegato, rifinito: dimenticando il problema al flessore si è preso tutto il peso della partita, ha spinto i compagni a fare, servito assist e segnato il gol decisivo. Non ha giocato né per Dzeko, né per Fonseca. Ma per la Roma. L’immagine che mi resta negli occhi è quella del giocatore sfiancato dopo l’occasione fallita da Carles Perez che si rialza e trova la forza di ripresentarsi nell’area avversaria per risolvere. Pellegrini capitano, Dzeko risorsa, Fonseca vincolato ai risultati e un minimo di continuità aziendale sulla quale investire. Una società forte, lucida, le scelte giuste le compie perché sono giuste, non perché costretta.

È la stampa, bellezza

La stampa è una cosa, l’ufficio stampa un’altra. L’opposto. Eppure in televisione vedo sempre meno giornalisti e sempre più responsabili della comunicazione leccaculistica delle società più potenti o presunte tali. La ricerca del consenso non viene contemplata nel manuale del giovane giornalista. Figuratevi in quello del vecchio.

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