L’idea di dividere arbitri e Var: il piano segreto (e i suoi rischi)

Trentalange pensa a tre diverse figure: un designatore per la Can di Serie A e B, un responsabile per i varisti e un supervisore “politico”. Circolano nomi, tra tanti dubbi

Andrea Di Caro

4 giugno – Milano

Una rivoluzione, che però saprebbe tanto di restaurazione. È quella che, da quando si è insediata la nuova governance arbitrale, immagina il presidente dell’Aia Alfredo Trentalange. Separare tutte le cariche: ridividere la Can A e B (oggi unita), staccare la Var, mantenere a parte (come oggi) la Lega pro. Scegliere un responsabile diverso per ogni “settore” (ad oggi c’è un solo responsabile della commissione arbitrale, Nicola Rizzoli) e sopra tutti una sorta di garante politico a supervisionare l’articolata struttura. Insomma sarebbe un vero tsunami, che rischia di essere molto pericoloso in una stagione post Covid che si prospetta davvero calda. Non solo: questa eccessiva frammentazione a qualcuno ricorderebbe addirittura un nefasto passato, con la scelta del doppio designatore (Bergamo e Pairetto) ognuno considerato garante di un gruppo di società. Come è finita lo sappiamo. La prima idea sarebbe stata già bocciata negli ambienti federali e parzialmente corretta con una frammentazione leggermente meno ardita: un designatore per Can A e B e un responsabile settore Var, con l’idea di mantenere però una figura a supervisionare. I dubbi però restano e i nomi che stanno uscendo non aiutano a fugarli.

Ma riavvolgiamo il nastro, anzi restando in tema arbitrale, andiamo al Var e ricapitoliamo.

Trentalange cambia

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Eletto come presidente dell’Aia dopo i plurimi mandati di Marcello Nicchi era normale e in fondo da programma che Alfredo Trentalange proponesse una nuova organizzazione, con novità e uomini suoi di fiducia. Succede in qualsiasi cambio di potere. E di per sé l’idea di separare i ruoli affidandosi a un designatore, che alleni e decida gli arbitri da mandare in campo, e un responsabile della struttura Var, che scelga e cresca i “varisti”, non è in sé sbagliata. Anche se in generale sarebbe sempre meglio avere una sola testa pensante e un solo uomo a decidere: perché questo crea meno confusione, meno appigli e meno scuse.

I pro

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L’importanza di chi è al monitor è divenuta in questi 4 anni talmente grande da rendere il ruolo quasi un mestiere a parte rispetto a quello di chi va in campo. La suddivisione delle carriere appare quasi necessaria. E darebbe anche un nuovo impulso alla sperimentazione, al perfezionamento del ruolo, alla totale concentrazione su quel compito. La nascente struttura a Lissone, che permetterà di avere un centro Var da cui monitorare tutto, va in questa direzione. Il lavoro da fare è tanto e avere un responsabile che se ne occupi a tempo pieno può avere un senso. In più chi risponde del settore potrebbe anche diventare il frontman a livello di comunicazione verso l’esterno per spiegare scelte e decisioni. Questo faciliterebbe quell’apertura spesso richiesta.

I contro

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Non si possono immaginare compartimenti stagni. Quando si decidono le designazioni per una partita di chi va in campo e di chi coadiuva dal monitor, si deve tener conto non solo delle capacità individuali ma anche del feeling tra le persone scelte, la loro compatibilità, la loro filosofia arbitrale. Il che significa che tra designatore e responsabile Var deve esserci un feeling assoluto. La perfezione sarebbe affidare i ruoli a due gemelli. Ma visto che è impossibile, servono figure molto vicine e compatibili, che si stimino, si riconoscano e collaborino tra loro a stretto contatto. E qui veniamo al “problema” dei nomi che circolano…

I nomi

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Al momento la figura unica che ha gestito l’importante passaggio tra un mondo pre Var e un mondo con la Var è Nicola Rizzoli. Ex grande arbitro, responsabile unico, ha affrontato questi 4 anni di gestione con grande impegno, non senza polemiche ed errori arbitrali anche gravi, ma mantenendo sempre intatta la credibilità e un polso fermo. Gli vengono riconosciute un po’ da tutti, Aia, Figc e club, la bontà di scelte spesso complicate, l’impresa di formare una nuova classe arbitrale senza avere fenomeni a disposizione, e un certo stile e capacità di comunicare. Cambiare dopo 4 anni però non è reato, ma visto il lavoro finora svolto, avrebbe senso farlo solo per migliorare: ma chi c’è oggi di migliore? Con Collina e Rosetti impegnati in Fifa e Uefa, l’unico volto nuovo sarebbe quello di Gianluca Rocchi che è stato nominato project leader del Var con il compito di fare l’ambasciatore presso squadre e ritiri per spiegare ad allenatori e giocatori le nuove regole. Ma l’intenzione dell’Aia – e quella della Figc che dovrà poi approvare qualsiasi cambiamento – non sarebbe quella di perdere la professionalità e il bagaglio di esperienza di Rizzoli, bensì probabilmente quello di offrirgli l’area Var. Si tratterebbe di vedere in parte limitato l’attuale ruolo, ma anche di allargare molto le competenze sul Var, potendo sperimentare. Sarebbe un nuovo incarico unico nel panorama arbitrale. Ma qualora gli fosse davvero ufficialmente proposto, con chi dover collaborare? Per il ruolo di designatore circolano nomi del passato che non hanno mai avuto a che fare con la nuova era Var e, di fatto, il nuovo modo di arbitrare. Il nome più ricorrente è quello di Domenico Messina, ex designatore da cui Rizzoli raccolse il testimone proprio 4 anni fa. E qualcuno si spinge anche con nomi di un passato ancora più remoto. Ma avrebbe davvero senso? Come presentare volti vecchi su progetti nuovi? E con quali possibili compatibilità?

Rischio supervisore

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Queste domande quasi retoriche circolano da settimane nei corridoi della Figc. Ma a lasciare ancor più perplessi sarebbe l’ipotesi di una figura “politica” a sovrintendere e supervisionare il tutto. Il nome più gettonato è quello di Duccio Baglioni, ex assistente, attuale vicepresidente, considerato un uomo forte accanto a Trentalange. Al di là delle valutazioni sul profilo di Baglioni o di altri eventuali candidati, è proprio il ruolo a non esistere oggi. Troppi referenti rischierebbero di creare una grande confusione sulla paternità delle scelte, i referenti, chi risponde di cosa. Chi conosce il mondo arbitrale e ha vissuto ere passate sa di quali rischi si sta parlando.

La Figc

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Qualsiasi piano dovrà essere presentato al consiglio federale, ce ne sarà uno prima dell’inizio degli Europei. Uno degli obiettivi del presidente Gravina in questo suo secondo mandato è quello di eliminare dovunque possibile criticità e caoticità nel già spesso confuso e litigioso calcio italiano. Morale: cambiare qualcosa si può, ma senza disperdere il patrimonio acquisito, senza ritorni al passato, senza inutili sovrastrutture. Si vedrà…

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