Le sliding doors di Giroud: “Due anni fa ero vicino all’Inter, ma Dio ha fatto bene le cose”

L’attaccante francese racconta in un’intervista all’Equipe le sue origini italiane e quel mancato trasferimento in nerazzurro: “Il Diavolo è stata la ciliegina sulla torta”

Giroud non suona molto italiano. Ma dentro quel cognome tipicamente francese, c’è comunque un po’ di veneto e bergamasco. Lo racconta l’attaccante del Milan al settimanale dell’Equipe, ripercorrendo le sue origini tra Veneto e Lombardia. Neanche così lontane, visto che italiane erano le sue due nonne. Insomma, l’arrivo al Milan è quasi un omaggio alle sue radici, per il giocatore che da giovane si tagliava i capelli per assomigliare a Nesta e Cannavaro.

LACRIME

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In ogni caso, Olivier Giroud è nato a Chambery e cresciuto a Froges, in Isère, alle porte di Grenoble, già terra di italiani: “Molti – racconta il rossonero – provengono da Corato, in Puglia. Ci sono un sacco di pizzerie e da ragazzo ho frequentato molti italiani. E anche se sono un fiero savoiardo, mi è stato insegnato che la Savoia un tempo era Italia e quindi mi dicono che un po’ italiano lo ero già”. E un po’, Giroud ammette di essersi immedesimato: “A 20 anni mi sono fatto crescere i capelli perché volevo assomigliare a Cannavaro o a Nesta. E mio fratello mi regalò una maglia dell’Italia, quella molto aderente, di un azzurro magnifico. Nel 1994, visto che la Francia non era qualificata, tifavo per l’Italia al Mondiale, e piansi quando Baggio sbagliò il rigore in finale. Però nel 2006 ero al 100% tifoso della Francia”.

INNO

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Andò male di nuovo per Giroud che però ricorda come a trasmettergli l’amore per la patria francese fu proprio nonna materna, Antonia Gaiatto che a cinque anni emigrata da Gruaro, un paesello al confine tra il Veneto e il Friuli: “E’ stata lei a insegnarmi l’inno francese. Mi piaceva molto ascoltare i suoi racconti d’infanzia, sulla guerra. Mi diceva anche che aveva sofferto molto il fatto di essere un’immigrata, di aver lottato per farsi spazio ma di essere orgogliosa di essere la più brava nella sua classe”.

STILE

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Quasi un secolo dopo, Giroud, italiano anche da parte di nonna paterna, Yvonne Avogadro di Bergamo, ha fatto il percorso inverso, ed è arrivato in Italia: “Due anni fa sono stato vicino all’Inter ma Dio ha fatto bene le cose e mi ha fatto restare un po’ più a lungo al Chelsea così ho potuto vincere la Champions. Dopo la Premier League non mi vedevo né in Spagna né in Germania e tornare in Francia non era la mia priorità. Il Milan è stata la ciliegina sulla torta”. Anche perché per il francese, il Milan è sempre stata la squadra italiana del cuore: “Shevchenko era il mio attaccante preferito. Ho guardato un sacco di video di Van Basten. Ho molti ricordi delle finali di Champions con il Liverpool: la sconfitta subita in rimonta nel 2005, la vittoria nel 2007, reazione tipica di un grande club. E poi il Milan trasmetteva anche un certo stile all’italiana, con giocatori sempre ben pettinati, ben vestiti, rigorosi e professionali, come Maldini e Costacurta, senza dimenticare tutti gli altri giocatori d’eccezione”.

LAVORO

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Proprio Maldini, secondo Giroud, era quello che mancava al Milan negli anni di dominio della Juve: “Mancava qualcuno che appartenesse al club. Maldini è molto presente, ogni giorno per seguire il lavoro di Pioli. Anche così si capisce l’importanza dell’istituzione: nulla è lasciato al caso. E nessuno può lamentarsi di non giocare perché magari è l’allenatore che non vuole, perché poi c’è il direttore tecnico che segue tutto. E per me è una cosa eccellente, mi spinge a dare il 100% anche in allenamento. (…) Pioli è uno sincero, come Girard ai tempi del Montpellier”.

RITMI

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E con il Montpellier, Giroud ha vinto l’unico scudetto in carriera, nel 2012. Dieci anni dopo, può vincerne un altro con il suo Milan: “All’inizio non c’era questa pretesa, ma solo di qualificarci per la Champions. Però siamo il Milan e visti i risultati positivi raccolti, mi sono rapidamente fissato l’obiettivo scudetto”. A Milano, Giroud si è subito ambientato al meglio: “Un po’ l’italiano lo parlavo già ma ho voluto subito praticarlo anche senza prendere corsi privati”. A guidarlo in città, anche un cugino del papà, che da tempo vi abita. E dove la famiglia Giroud si trova a suo agio: “Qui ci sono ritmi più tranquilli rispetto a Londra o Parigi. E mia nonna mi diceva sempre chi va piano va sano e lontano”. Un po’ come il Milan, con il suo destino in mano.

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