Lazio, le mosse tattiche che hanno bloccato il Napoli

Era destino. Al Maradona, nello stadio della Grande Bellezza, Sarri ha ottenuto la versione super concretezza della Lazio. Mai così compatta, solida, impermeabile. Un capolavoro di organizzazione e di fase difensiva. Già, perché la narrazione non totalmente centrata ha sempre descritto Mau come un allenatore votato ai gol e allo spettacolo. In realtà i principi di gioco e la sua idea di calcio si appoggiano sul collettivo e sull’esaltazione di un sistema difensivo che non permette di avvicinarsi alla porta. Ottavo clean sheet in trasferta, come era successo soltanto nel 1994/95 e nel 1999/2000. Quattordicesimo in 25 giornate dall’inizio del campionato. Numeri da record per Provedel, secondo portiere della Serie A con soli 19 gol al passivo, primo per numero di partite da cui è uscito imbattuto. Mai successo (da agosto 2019) che il Napoli chiudesse il primo tempo senza tirare una volta dentro l’area. Sarri aveva giocato quasi lo stesso tipo di partita nel derby con la Roma. La Lazio lo segue.

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Corsa

Servono spirito di sacrificio, dedizione, occhio e automatismi per difendere come chiede Mau, dividendo il campo in dieci zone. La squadra, fateci caso, si orienta in base alla posizione del pallone. I giocatori, in fase di non possesso, sembrano dei girasole. Sono collegati da un filo invisibile. Distanze giuste, coperture, diagonali. E’ la sincronia che determina il risultato. Difendono in dieci, come ha ricordato Alessio Romagnoli li nella pancia del vecchio San Paolo. A Napoli, per non prendere gol, centrocampisti e attaccanti sono stati decisivi quanto e più dei quattro difensori. Il conto totale dice 117,7 chilometri percorsi dalla Lazio: oltre 9 di differenza rispetto al Napoli. Hanno corso tanto e bene, nel modo giusto. Squadra corta (appena 23,2 metri in fase di non possesso, diventati 22,6 nel secondo tempo) e con un baricentro basso: da 44,2 a 41,5 metri. Funzionavano scivolamenti e raddoppi. Sono state tre le mosse decisive di Sarri, ecco quali.

Napoli, la città vestita d'azzurro aspetta la Lazio FOTO

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Lobotka

Il regista del Napoli è rimasto fuori dalla partita. Lo schermava Ciro, ma anche Luis Alberto e Milinkovic a turno si alzavano per sbarrare la linea di passaggio del difensore in possesso di palla. Lobotka non si è mai liberato da quel tipo di gabbia. Rrahmani era costretto al lancio oppure la palla scivolava sulle corsie esterne.

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Fasce

Enorme il lavoro di Zaccagni e Felipe Anderson. Hanno fatto i terzini, non gli attaccanti. Di Lorenzo e Olivera non hanno mai guadagnato la terra di mezzo. Gli esterni della Lazio scalavano, non erano in ritardo ma già in copertura: 4-5-1 più che 4-3-3. Hysaj e Marusic, così, non si sono quasi mai ritrovati all’uno contro uno davanti a Lozano e Kvara. Preziosi gli ingressi di Pedro e Cancellieri, non sono cambiati gli equilibri.

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Osimhen

L’altra gabbia è stata costruita intorno al centravanti del Napoli. La linea a quattro di Sarri era strettissima. Quasi sempre due (Patric-Romagnoli) contro uno. La scelta di Vecino, come argine e schermo per non raggiungere facilmente il nigeriano, era funzionale. Le distanze cortissime fondamentali per portare a termine la missione

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