Lazio, Golden Romero: Pulce blindata

Bambini chiamati Pelé e Maradona. Il nino maravilla della Lazio di nome fa Luka Romero, è chiamato piccolo Messi per le sembianze da Pulce: caschetto nero chiomato, carrello basso, stile messianico. Siamo tutti visionari, mitomani, sì. Ma natura e talento hanno dato tutto alla mini Pulce della Lazio per essere a lui sembiante, per scatenare queste visioni. Il popolo biancoceleste è eccitato dall’idea di crescere un fenomeno in casa e il mondo è in attesa di sapere, di capire. Luka Romero, invece, non ne sa nulla di cosa voglia dire essere Messi né vuole farsi schiacciare da un accostamento esagerato, che non comprende. «Mi fa piacere, ma dà anche fastidio, c’è un solo Messi, io voglio farmi un nome nel calcio come Luka Romero», ha ripetuto in Messico, in Spagna, in Argentina, ovunque la vita l’abbia portato da quand’era bambino, fin da quando è stato battezzato “nuovo Messi”. Dà ancora più fastidio a Sarri, impegnatissimo a spegnere le luci, a dire al mondo che lo interroga su Romero “lasciatelo crescere in pace, lontano dai riflettori”. E la Lazio è pronta a blindarlo, a velarlo, a mettere in cassaforte un rinnovo fino al 2026. Era stato preso a zero dal Maiorca, non aveva contratto professionistico. Lo volevano big e top club, il diesse Tare ha fatto colpo offrendogli un progetto, non solo un percorso. Luka compirà 18 anni il 18 novembre, firmerà per quattro anni entro fine mese e il contratto sarà depositato a gennaio. Varrà 800 mila euro a stagione, sarà a salire. I baby record. Lo sbarbatello Luka ha sempre stupito facendo cose come pochi alla sua età. E’ stato il più giovane esordiente della Liga, ci ha giocato a 15 anni e 219 giorni (contro il Real Madrid). Da domenica è il più giovane argentino ad aver segnato in Serie A, (17 anni, 11 mesi e 23 giorni). Romero non si è mai posto il problema di essere o non essere Messi, ma è stato costretto a porselo da quando si è manifestato nel calcio. E’ iniziato tutto seguendo le orme del padre Diego, centrocampista-globetrotter, argentino purosangue. Luka, detto Lucky in famiglia, è nato in Messico il 18 novembre 2004, a Victoria de Durango, quando il papà giocava nella squadra locale. Dal Messico ha raggiunto la Spagna, qui ha avuto inizio la sua parabola calcistica. A Estepona, città della provincia di Malaga: «A Malaga ho iniziato nella scuola calcio locale, avevo 4 o 5 anni. Poi sono andato a Formentera, a Ibiza, a Maiorca», è un racconto passato. Il gol al Monza ha ricordato il primo gol segnato nella Liga. Era il 29 novembre 2020, colpì il Logroñés: «Non ho visto la palla entrare. Ho iniziato a correre e a piangere. Mi sono successe tante cose in poco tempo». Il nome ha iniziato a rimbombare in Argentina, pur non avendoci mai giocato. E’ stato l’unico giocatore “estero” ad essere convocato nelle nazionali baby. Del nuovo Messi s’è iniziato a parlare anche in Spagna e in Messico. Romero ha il triplo passaporto. La Spagna non l’ha convinto, ha scelto l’Argentina perché tutta la sua famiglia ne è originaria (di Quilmes, Buenos Aires). Lui e Messi. Luka ha sempre avuto l’Argentina e Messi nel destino. L’ha incontrato a 5 anni in un hotel di Estepona, lo accompagnò papà Diego: «Leo stava mangiando e si alzò da tavola per fare una foto con me». Lo ha rivisto durante un Barcellona-Maiorca, ma il piccolo Romero non ebbe il coraggio di salutarlo. Gli dei del calcio li hanno rimessi sulla stessa strada. Luka a marzo è stato convocato dal cittì Scaloni e l’abbraccio con Messi c’è stato. Poi è tornato dalla Lazio, aspettando esordio e primo gol. Luka vive come un ragazzo di oggi, con la sua famiglia. Ha un fratello gemello, Tobias, portiere di categorie inferiori, studia a Maiorca. La Pulce della Lazio ha frequentato il liceo in Spagna e senza il calcio sarebbe diventato un esperto di preparazione fisica. Non è divino, Romero. In Spagna, un giorno, un grande brand sportivo gli regalò scarpini costosissimi. Gli altri compagni di squadra non li avevano e Luka li donò a suo fratello. «Io penso solo a giocare e a divertirmi, è la cosa più bella del calcio», dice. E’ nel suo talento essere un Messi, non è nella sua natura sentirsi Messi.

Precedente Roma, Dybala è pronto: prima il Torino e poi il Mondiale Successivo Spalletti, undici vittorie per il Napoli e si fa la storia