Lazio-Bologna, l’aria buona dei momenti più consolanti

Era il teatro macabro e perverso del devi morire, simpaticamente indirizzato agli avversari gementi a terra, i grandi simulatori ma anche i fratturati veri. Nessuna pietà per il nemico, nello stadio, anzi il sadismo portato all’estremo: soffri, ti fa male? Non basta, devi morire, devi morire. Quante volte questi cori dementi e disumani hanno svilito lo stadio e le sue grandi rappresentazioni. Lì dentro – alla faccia del fair-play, una leggenda per piccoli borghesi e impiegati del catasto – sfrattato il rispetto e campo libero al ciarpame becero dei rituali bellici. Ma che cosa sta succedendo, allora, di questi tempi? Mentre i mentecatti continuano il gioco della guerra direttamente sull’Autosole, dentro gli stadi è un fiorire di bei gesti e buoni sentimenti. Non risulta che abbiano deportato gli ultrà energumeni per far posto ai boy-scout e ai seminaristi. Sono sempre le curve, più o meno, su per giù.

Vialli e Mihajlovic “martiri innocenti”

Ma davanti ai fatti della vita, meglio, della morte, sembra quasi che diventi possibile deporre l’armamentario dell’odio per prendersi qualche sana pausa di sentita malinconia. Certo, come per tutti i grandi cambiamenti, anche per questo sono serviti i martiri innocenti. Prima Mihajlovic, subito dopo Vialli. E là dove li hanno amati, venerati, mitizzati, le folle non dimostrano alcuna fretta di rimuovere e dimenticare, magari al grido la vita continua e the show must go on, anzi esprimono una gran voglia di fermarsi a lungo, di piangere e rimpiangere, al grido sempre qui, non vi dimenticheremo mai. Avevamo appena annotato il clima salubre di Genova, di Torino, i luoghi in cui il ricordo di Vialli è riuscito a installare momenti di vera commozione e di nobile sentire. Poi lo spettacolo pelle d’oca dello Stamford Bridge, la casa del Chelsea, con i tifosi raccolti nella loro messa profana, qualcosa tra la poesia e il rito funebre che proprio stava in un’altra galassia rispetto alla bassa macelleria delle rivalità di bandiera. Lì nel Regno Unito, persino un forsennato come Conte, dopo le tremende amputazioni tra le sue amicizie, Ventrone-Vialli-Sinisa, arriva a porsi dei dubbi, a dirsi apertamente che oltre al calcio c’è dell’altro, per esempio una famiglia in Italia.

Oltre i colori e le rivalità: omaggio da birvidi a Mihajlovic

Qui da noi, in Lazio-Bologna tifoserie riunite sotto la stessa bandiera a mezz’asta per Mihajlovic, con la famiglia presente a respirare l’aria buona dei momenti più consolanti. Strano clima, al campo sportivo. Sai che c’è? Siamo abituati a descrivere gli stadi come una mezza piaga sociale, comunque luoghi malfamati e abbruttiti, improvvisamente li raccontiamo come chiese parrocchiali e camere ardenti. Dal covo dei trogloditi al santuario della mistica e della contemplazione. Cos’è, il culto dei morti riesce là dove non riescono mai appelli strappalacrime e minacce draconiane, neanche in curva fossero tutti dei Foscoli con “I sepolcri” in canna? Non conviene metterci troppo a sottilizzare e a disquisire. Bisogna prendere tutto per buono, perché sa di buono e gira al buono. Caso mai, va tenuta una piccola scorta di scetticismo, per vedere quanto questo clima romantico riuscirà a tenere. Già altre volte, con gli Astori, i Morosini, qualcosa di simile s’era assaporato. Illudendoci che almeno certe disgrazie riuscissero a fare l’elettroshock nei cervelli più de coccio. Almeno un briciolo. Salvo poi. Ecco, vediamo quanto dura stavolta. Dopo le cerimonie e il ciglio umido, si crea una nuova aspettativa di durata. Per non sentire più certi cori, certe scemenze, certi devi morire. Si muore già abbastanza, anche tra quelli che crediamo immortali.


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